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Roma si mobilita per la Casa delle Donne, Raggi: “Non vogliamo chiuderla, ma rilanciarla”

Piazza del Campidoglio piena per un sit in contro la chiusura della Casa Internazionale delle Donne. Su Facebook la sindaca Raggi ha spiegato la posizione dell’amministrazione capitolina: “Non vogliamo chiudere la Casa. Vogliamo rilanciare il progetto attualizzandolo rispetto alle mutate condizioni socio-economiche, urbanistiche e demografiche di Roma”.
A cura di Enrico Tata
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"La Casa siamo tutte", c'è scritto sui cartelli viola che colorano piazza del Campidoglio, piena per il sit in contro la chiusura della Casa Internazionale delle Donne. Nel suo ufficio la sindaca Virginia Raggi ha ricevuto una delegazione della storica istituzione romana ospitata nel palazzo del Buon Pastore in via della Lungara a Trastevere. La prima cittadina, poi, ha spiegato le intenzioni della giunta capitolina sul futuro della Casa con un lungo post sul suo profilo Facebook: "In questi giorni ho letto molti articoli e ricevuto molti messaggi secondo i quali questa amministrazione vorrebbe chiudere la Casa delle Donne. Ebbene, chiariamo subito che questo è Falso". "Vogliamo rilanciare il progetto attualizzandolo rispetto alle mutate condizioni socio-economiche, urbanistiche e demografiche di Roma", ha scritto la sindaca, che ha aggiunto, in merito alla situazione economica della Casa: "Rispetto al debito accumulato di oltre 800mila euro in 10 anni, nonostante Casa delle Donne abbia beneficiato di un abbattimento del 90% del canone concessorio, ricordo che la associazione ha ottenuto uno sconto ulteriore rispetto a tutte le altre associazioni".

Una risposta arriva a stretto giro sulla pagina Facebook di ‘Non una di meno': "Ci sembra importante ricordare alla sindaca Virginia Raggi che Il progetto della casa internazionale delle donne non ha bisogno di essere ridisegnato: è già un "centro nevralgico della città". Le nuove progettualità eventuali della casa le determinano solo le donne che la vivono e il movimento femminista romano. Se ci chiede "cosa manca" rispondiamo: il riconoscimento dell' autonomia e dell' autodeterminazione dei luoghi femministi".

Rosalba Castiglione, assessora capitolina al Patrimonio ha spiegato al termine dell'incontro in Campidoglio:  "E' stato un incontro sereno, abbiamo illustrato soprattutto la mozione e l’intenzione della giunta che dovrà dare seguito a questa mozione. Abbiamo intenzione di rilanciare quello che è stato il progetto originario che ormai in qualche modo è un po’ datato, va rilanciato, ammodernato e ingrandito. Abbiamo parlato quindi più di progettualità e rimandato la parte relativa al debito e alla prosecuzione delle attività nella Casa mediante l’inserimento di ulteriori progetti che vedono coinvolto anche il comune e che hanno ricadute importanti sul territorio".

Questa mattina "le portavoci e i portavoci nazionali romani del Movimento 5 Stelle", così si firmano, avevano spiegato la loro posizione in merito alla Casa con un lungo comunicato:

Le donne e gli uomini del M5S romano rifiutano di essere rappresentati come "fascisti senza cultura" che ignorano il valore storico e simbolico incarnato dalla Casa Internazionale delle Donne, come certa stampa e certi personaggi politici o politicizzati stanno ripetutamente facendo in questi giorni.
E' il momento di fare chiarezza proprio a beneficio innanzitutto delle stesse donne, che nella strumentalizzazione incresciosa operata nel trattare questo complesso tema vengono ad essere le prime vittime.

Cominciamo col dire che nessuno intende chiudere la Casa, e nessuno ha dato al Consorzio titolare della sua gestione lo "sfratto", come pure si legge da più parti.
La questione non è neanche riconducibile a mera contabilità come si vuol far credere (sebbene, va ricordato che l'ammanco nelle casse del comune di Roma ammonti ormai a 880 mila euro e che al consorzio è stato già assegnato un canone ridotto del 90% rispetto al valore di mercato dell'immobile proprio in riconoscimento del lavoro socialmente utile svolto).

La questione è più complessa di così, e investe il tema della trasparenza nella sua accezione più ampia, e non meramente contabile, sottolineiamo ancora una volta. Il consorzio infatti si impegnava nell'accordo firmato con l'amministrazione nel 2003 a relazionare regolarmente sulle attività svolte all'interno della struttura ad un Organismo di Verifica e Garanzia appositamente disposto. Dal 2003 ad oggi esiste una sola relazione in merito, datata 2007. Nessuno degli organi amministrativi e politici deputati al controllo aveva finora mai eccepito nulla.

In sostanza è stato negli anni impossibile effettuare le dovute verifiche da parte dell'amministrazione, per accertare che i servizi erogati rispondessero agli standard di qualità richiesti. La filiera del meccanismo di controllo non ha funzionato come doveva. Questa opacità nella gestione di un servizio che l'amministrazione ha affidato, in base al principio di sussidiarietà, ad una parte terza non tutela certo le cittadine che si rivolgono alla struttura.

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