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Roma, ispettore di polizia si toglie la vita con la pistola: il 1 ottobre sarebbe andato in pensione

Ancora da chiarire il movente del decesso. Inutili i soccorsi, Ermanno Passaretti si è inferto un colpo mortale al petto con la pistola d’ordinanza dentro l’auto parcheggiata in via Guido Reni davanti la sede del Reparto Volanti. L’uomo 60 anni, il prossimo 1 ottobre sarebbe andato in pensione.
A cura di Alessia Rabbai
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Tragedia a Roma, dove l’ispettore superiore Ermanno Passaretti, si è suicidato con un colpo di pistola in via Guido Reni, davanti alla caserma Maurizio Giglio, sede del reparto Volanti. Il colpo diretto al petto, non gli ha lasciato scampo e non c'è stato purtroppo nulla da fare per salvargli la vita. A trovare il cadavere chiuso nell'abitacolo della sua auto sono stati i colleghi. A seguito del rinvenimento del corpo senza vita dell'ispettore, la strada è stata interdetta per i rilievi scientifici necessari. Non è chiaro il motivo del gesto, purtroppo sono diversi ogni anno i casi di suicidio di persone appartenenti alle forze dell'ordine. Un appello lanciato più volte dai sindacati di settore come il Mosap, il movimento sindacale autonomo di Polizia, che ha posto l'attenzione, senza generalizzare, sulle difficili condizioni in cui molto spesso si trovano ad operare gli agenti durante i turni di lavoro. Come spiega il sindacato, Passaretti oggi avrebbe compiuto 60 anni e dal 1 ottobre sarebbe andato in pensione. I colleghi lo stavano cercando ed era stata diffusa una nota di ricerca. Lo hanno cercato anche a casa, ma senza esito, per trovarlo poi, proprio sotto alla caserma. Un gesto drammatico, che nessuno si aspettava.

"Un altro brutto episodio accaduto in Polizia che deve portarci a riflettere, perché i casi di suicidio ogni anno sono molti e il fenomeno comincia a diventare preoccupante – spiega contattato da Fanpage.it Fabio Conestà, segretario generale nazionale Mosap – Anche se non possiamo affermare con certezza che il gesto estremo del collega sia riconducibile alle condizioni di lavoro in cui operava, bisogna affrontare la questione in maniera più attenta e approfondita, non bastano osservatori e iniziative, serve un aiuto concreto". E aggiunge: "Spesso gli agenti che hanno bisogno di un sostegno psicologico sono reticenti nel chiederlo per il timore che al primo tentennamento l'amministrazione corra ai ripari togliendoli pistola, tesserino e manette. Ciò probabilmente li spinge a non farsi aiutare qualora si abbia un problema. È necessario trovare un altro approccio senza sottovalutare il fenomeno".

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