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Roma, il tribunale condanna un uomo per pedofilia: ma l’imputato è morto l’anno prima

Un uomo, manager romano, è stato condannato dal tribunale di Roma per pedofilia: nel 2010 aveva adescato sul web una ragazzina 13enne milanese convincendola a inviargli foto hard. La condanna risale al 2018. La vittima, parte civile, era in attesa della prima udienza del processo d’appello ma il suo avvocato ha fatto una scoperta sconvolgente: l’imputato è infatti morto nel novembre 2017, ma nessuno se n’era accorto.
A cura di Redazione Roma
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Il tribunale di Roma ha condannato un uomo, un manager romano, per pedofilia. Peccato però che la condanna sia arrivata quando l'imputato era morto ormai da un anno. A riportare l'incredibile vicenda è Elisabetta Andreis sul "Corriere della sera". La vittima del pedofilo è una ragazzina milanese che all'epoca dei fatti, nel 2010, aveva appena 13 anni. L'orco, invece, di anni ne aveva 57: presentandosi sul web come un ventenne aveva adescato la giovanissima conquistando progressivamente la sua fiducia, fino a convincerla a spogliarsi e a inviargli foto hard. Tra i due era nata così una relazione virtuale durata quattro mesi, fino a quando la madre della ragazzina era riuscita a scoprire la vicenda e a denunciare il pedofilo.

A scoprire quanto accaduto è stato l'avvocato di parte civile

Fino qui, purtroppo, la vicenda è simile a quelle che vedono come vittime giovani ragazze che incappano nei pericoli presenti sul web. Ma è a partire dalla denuncia che la vicenda dell'allora ragazzina 13enne si discosta dalle altre. L'inchiesta sul pedofilo si svolge a Roma, città in cui l'uomo vive e, in virtù della presunzione d'innocenza, rimane a piede libero. Il processo dura molti anni, esattamente fino a marzo 2018. In quella data arriva la condanna di primo grado: sette anni di reclusione e un risarcimento di 30mila euro. In aula, però, l'imputato non si presenta: è irreperibile, ma ciò nonostante il suo avvocato d'ufficio presenta il ricorso. L'udienza avrebbe dovuto svolgersi tra alcuni giorni ma non si terrà: il motivo? L'imputato è in realtà morto il 14 novembre 2017. A fare l'incredibile scoperta è stata Sonia Gaiola, avvocato di parte civile. Il legale si era recata all'Anagrafe in attesa dell'udienza per chiedere un certificato di residenza dell'imputato: negli uffici però le hanno consegnato il certificato di morte dell'uomo. La vittima dell'orco ha così scoperto che non vedrà neanche un euro del risarcimento e che la persona che l'ha adescata non pagherà per quanto le ha fatto. Ma soprattutto ci si chiede perché nessuno si sia accorto del fatto che l'uomo fosse morto: una disattenzione che ha comportato il dispendio di soldi (pubblici) e tempo che avrebbe potuto essere dedicato ad altri casi.

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