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Roma è diventata una città razzista?

Perché a Roma ogni episodio di cronaca in cui è coinvolto un immigrato rischia di scatenare violenze e intolleranza? Cosa sta succedendo nelle periferie della Capitale? Chi soffia sul fuoco del disagio sociale? Dopo i fatti di Tor Sapienza le istituzioni non possono più stare a guardare.
A cura di Valerio Renzi
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“Non sono razzista ma…”. Da Corcolle a Tor Pignattara, da Tor Sapienza a Settecamini questa è una delle frasi che abbiamo ascoltato più spesso, ogni qual volta i cittadini se la prendevano per la presenza di troppi immigrati nei loro quartieri. Ieri a Tor Sapienza si è superato il limite: con spranghe, sassi e petardi una quarantina di persone prima hanno tentato l'assalto ad un'occupazione dove vivono alcune famiglie di rumeni, poi si sono scagliati contro un centro per rifugiati in cui sono ospitati una sessantina di cittadini nigeriani.

Cosa succede nelle periferie romane? Roma è diventata una città in cui gli immigrati devono avere paura a vivere? Roma è una città razzista? Probabilmente no, o meglio, i razzisti ci sono sicuramente a Roma come dappertutto purtroppo, ma non basta a spiegare quello che sta accadendo. Qualcuno però soffia sul fuoco: non è un mistero per nessuno che Casa Pound stia da settimane agitando lo spauracchio dell'invasione degli immigrati, chiedendo che il centro per rifugiati venga trasferito. Ieri nelle strade di Tor Sapienza sono risuonati slogan di estrema destra, qualche ragazzo inneggiava al “Duce”. Ma anche questo non basta, da solo, a spiegare come ogni episodio di cronaca in cui è coinvolto un cittadino immigrato, rischi di scatenare la “caccia al negro”. Basta una piccola scintilla per incendiarie le praterie delle banlieue romane.

La risposta a quello che sta accadendo sta probabilmente nell'incapacità di mediazione sociale da parte delle istituzioni: va bene mettere centri di accoglienza in quartieri periferici, spesso difficili, nessuna invasione parliamo in tutto di poco più di 7500 persone sparse per tutta la città. Ma se questo non è accompagnato da un'opera di inserimento sociale e di mediazione con i territori rischia di non essere capito: “per loro spendono 40 euro al giorno per farli mangiare, io non ho lavoro e le istituzioni non mi danno niente”, urlava ieri un abitante di Tor Sapienza sceso in strada contro la presenza del centro.

Siete mai stati a Tor Sapienza? Il quartiere è stretto tra la Prenestina e il Gra, qui è stata edificata la più grande corte di case popolari d'Europa, tra un palazzo e l'altro si aprono piazzali degradati, gli edifici portano i segni del tempo e della scarsa manutenzione. Di servizi neanche l'ombra. Qui la gente fatica ad arrivare a fine mese e con la crisi va sempre peggio, i ragazzi hanno poche prospettive e neanche un luogo dove incontrarsi per imparare a suonare uno strumento o a realizzare un video.

Così il cocktail è servito: tra periferie abbandonate e la mancanza di servizi, metteteci l'arrivo di un centro per rifugiati che nessuno spiega ai cittadini, qualcuno accende la miccia e il gioco è fatto, si scatena la guerra tra poveri.

Roma è una città razzista? No, ancora no, ma le istituzioni non possono più stare a guardare dopo quello che è accaduto ieri.

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