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Roma, ecco Camorra Capitale: li chiamavano i “Napoletani della Tuscolana”

Al vertice dell’organizzazione criminale, dicono gli investigatori, c’è Domenico Pagnozzi, condannato all’ergastolo per l’omicidio Carlino del 2001 e soprannominato “ice” per i suoi occhi di ghiaccio. Tra gli arrestati anche Massimiliano Colagrande, uomo vicino all’estrema destra e coinvolto nell’inchiesta “Mafia Capitale”.
A cura di Enrico Tata
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Per gli inquirenti si tratta forse dell'ultimo capitolo del dominio romano del clan Senese. Il loro controllo della zona di Cinecittà e della Tuscolana era talmente radicato che venivano definiti come i "Napoletani della Tuscolana". Dopo "Mafia Capitale", ecco "Camorra Capitale", un'organizzazione di matrice mafiosa che operava nella zona sudest di Roma. Il clan avrebbe gestito le piazze di spaccio di Borghesiana, Torpignattara, Ponte di Nona, Centocelle e Quarticciolo e un giro di slot-machine in diverse sale della Capitale. Al vertice della banda, dicono gli investigatori, c'era Domenico Pagnozzi, già condannato all'ergastolo per l'omicidio Carlino del 2001 e soprannominato "ice" per i suoi occhi di ghiaccio. L'operazione "Tulipano" è scattata intorno alle 4. Centinaia di agenti hanno arrestato, tra Roma e Napoli, i capi dell'organizzazione: beni sequestrati per oltre 10 milioni di euro e 61 arresti. Tra di loro anche Massimiliano Colagrande, uomo vicino all'estrema destra e già coinvolto nell'inchiesta "Mafia Capitale". Colagrande sarebbe stato l'uomo di fiducia del capo dell'organizzazione, Domenico Pagnozzi, e avrebbe avuto il compito di curare parte delle attività di riciclaggio e reinvestimento nell'economia legale dei proventi delle attività illecite del sodalizio.

 Ci sono anche un negozio di orologi, bar e due ristoranti del centro di Roma tra i 12 esercizi commerciali sequestrati. Tra questi il bar Tulipano, da cui prende il nome l'operazione, che si trova in Via del Boschetto, nel Rione Monti, a pochi passi dall'abitazione dell'ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ma anche un ristorante di Via dei Vascellari a Trastevere, e un negozio di orologi di Via Barberini. Alla lista si aggiungono 30 immobili di cui 28 a Roma e provincia, uno nell'Avellinese e uno a Isola di Caporizzuto; 72 veicoli, 20 società e 222 rapporti finanziari.

L'operazione è tuttora in corso in varie località di Roma e provincia, Frosinone, Viterbo, L'Aquila, Perugia, Ascoli Piceno, Napoli, Caserta, Benevento, Avellino, Bari, Reggio Calabria, Catania e Nuoro. Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, estorsioni, usura, reati contro la persona, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita, fittizia intestazione di beni, illecita detenzione di armi, illecita concorrenza con violenza e minacce, commessi con l'aggravante delle modalità mafiose e per essere l'associazione armata. L'ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal gip presso il Tribunale di Roma su richiesta della Procura della Repubblica di Roma – Direzione distrettuale antimafia. "Si tratta di una organizzazione che esercitava l'attività criminale attraverso un metodo tradizionale fatto di violenze e intimidazioni". Così il procuratore aggiunto Michele Prestipino nel corso della conferenza stampa. E sui rapporti del clan di Pagnozzi con "Mafia Capitale" ha aggiunto: "Sono personaggi che si conoscono, non da un punto di vista personale, si rispettano e c'è il riconoscimento di ruolo tra i capi dei gruppi che operano sullo stesso territorio. Non c'è un tavolo di regia – sottolinea Prestipino – ma dalle intercettazioni si capisce che c'è contezza dell'altro. Ognuno sa dell'esistenza degli altri gruppi criminali che operano a Roma.

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