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Regione Lazio: i test sierologici dei privati non servono a niente, non danno ‘patente di immunità’

L’assessore D’Amato: “Trovo immorale chiedere soldi ai cittadini, già costretti a tanti sacrifici, a volte anche centinaia di euro, senza alcuna validazione scientifica al di fuori di un contesto di analisi di sieroprevalenza addirittura pubblicizzando sui social test COVID come patentino di immunità”.
A cura di Enrico Tata
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I test sierologici per la ricerca degli anticorpi possono essere eseguiti da ambulatori privati e per il momento la Regione Lazio non li ha vietati. L'assessore regionale alla Sanità, Alessio D'Amato, ha però ribadito che essi non hanno alcun valore per il servizio sanitario e non conferiscono alcuna patente di immunità. "I test sierologici non sono e non possono essere un business da parte di privati, ma assumono valore solo se inseriti in analisi di sieroprevalenza o in indagini di sorveglianza di popolazione selezionati nell’ambito di specifici programmi quali sono quelli che si intendono attivare nel Lazio su tutto il personale sanitario e sulle forze dell’ordine, che vanno ripetuti in un arco temporale definito e lì dove necessario con verifica del test molecolare. I singoli test commerciali effettuati fuori da protocolli nazionali e regionali non assumono alcun significato per il Servizio sanitario regionale e non sono validati dall’Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani che ha condotto la sperimentazione", ha dichiarato D'Amato.

A che servono i test sierologici

I test sierologici vengono effettuati sul sangue del paziente, mentre i test molecolari, i tamponi, vengono effettuati prelevando materiale biologico dal naso e dalla gola. I primi servono per capire se il paziente abbia sviluppato anticorpi specifici per il coronavirus e quindi capire se sia stato infettato oppure no. I secondi, invece, hanno valore diagnostico e servono per capire se in un dato momento quella persona è affetta oppure no da Covid-19. Nessun test sierologico, al momento, è ritenuto efficace al 100 per cento, ma quando l'Istituto Superiore di Sanità ne validerà uno affidabile (la Regione Lazio potrebbe già partire con i test, ma sta aspettando una linea guida comune per tutte le regioni da parte del governo) l'impiego di questi test sarà fondamentale per capire quanti italiani siano stati raggiunti dal coronavirus e quanti abbiano sviluppato anticorpi e quindi possano essere considerati immuni. A loro potrebbe essere conferita una ‘patente di immunità': sono stati già infettati da coronavirus, sono guariti, hanno gli anticorpi e quindi, di fatto, possono ricominciare a lavorare e a condurre la vita di prima.

"Immorale chiedere soldi per questi test"

Un cittadino può rivolgersi a un laboratorio privato e chiedere il test per capire (ricordando che il risultato non è attendibile al 100 per cento) se sia stato infettato dal coronavirus. Il test, però, non dice né quando questo sia avvenuto e né se il paziente sia ancora infetto. Inoltre, ricordiamo, il test non ha alcun valore per il servizio sanitario. "Trovo immorale chiedere soldi ai cittadini, già costretti a tanti sacrifici, a volte anche centinaia di euro, senza alcuna validazione scientifica al di fuori di un contesto di analisi di sieroprevalenza addirittura pubblicizzando sui social test COVID come patentino di immunità. Non consentiremo a nessuno di fare affari su queste questioni", ha spiegato D'Amato.

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