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Processo Casamonica per il raid al Roxy Bar, il terrore della donna aggredita: “Ho paura ad uscire di casa”

“Sanno dove abito, i familiari dei Casamonica hanno preso informazioni sul mio indirizzo”. Questo avrebbe detto ai giudici, stando a quanto riportano le agenzie di stampa, la donna aggredita a cinghiate all’interno del Roxy Bar alla Romanina, quartiere periferico di Roma. Alla sbarra c’è Antonio Casamonica, l’unico degli accusati ad aver chiesto di essere giudicato con il rito ordinario.
A cura di Enrico Tata
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"Ho paura di uscire da casa, sanno dove abito, i familiari dei Casamonica hanno preso informazioni sul mio indirizzo". Questo avrebbe detto ai giudici, stando a quanto riportano le agenzie di stampa, la donna aggredita a cinghiate all'interno del Roxy Bar alla Romanina, quartiere periferico di Roma. Terrorizzata, avrebbe raccontato ai magistrati quanto accaduto all'interno del locale, ripercorrendo il raid attraverso la proiezione del video realizzato dalle telecamere di sorveglianza. "Nessuno si è opposto, nessuno dei presenti ha fatto nulla mentre mi aggredivano", ha ricordato la donna.

Durante la deposizione Antonio Casamonica, l'unico dei quattro accusati ad aver scelto di essere giudicato con il rito ordinario (gli altri tre sono stati condannati ieri, con il riconoscimento dell'aggravante mafiosa, al termine del rito abbreviato), ha interrotto la donna e le ha intimato urlando: ‘Di che ti ho aiutato'. Casamonica ha urlato dal gabbiotto degli arrestati proprio mentre la donna stava rendendo la sua deposizione. Dopo l'aggressione subita, la signora ha avuto 27 giorni di prognosi. I fatti risalgono alla domenica di Pasqua, quando due persone sarebbero entrate nel locale con la pretesa di passare davanti ad altri clienti. "Rumeno di merda", urlarono al titolare, mentre la donna fu spinta contro il muro e picchiata con ferocia con una cintura. Lei aveva detto solamente: "Se non apprezzate il servizio, potete cambiare bar". I due Casamonica uscirono dal bar urlando: "Se chiami la polizia ti ammazziamo".

Per la stessa vicenda ieri Alfredo Di Silvio è stato condannato a quattro anni e 10 mesi di carcere. Ieri il gup Maria Paola Tomaselli non ha accettato la richiesta del Comune di Roma di costituzione di parte civile nel processo in corso perché il Campidoglio avrebbe presentato in ritardo l'istanza.

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