Omicidio Vannini, oggi la sentenza d’appello. La difesa: “I Ciontoli non hanno nascosto niente”
È attesa per oggi, martedì 29 gennaio la sentenza nei confronti della famiglia Ciontoli per l'omicidio di Marco Vannini, il ragazzo di Cerveteri morto a venti anni nel maggio 2015 a casa della fidanzata a Ladispoli. Questa mattina alla Corte d'Appello di Roma è in corso il secondo grado del processo che vede i Ciontoli imputati, ritenuti responsabili, a vario titolo, del decesso del giovane. Durante la mattinata prenderà la parola la difesa, poi i giudici si riuniranno in consiglio. Nella prima udienza ha preso parola il procuratore generale Saveriano che ha chiesto una pena di 14 anni di carcere per tutti gli imputati.
"Il pathos il dramma che stanno vivendo quelle persone, soprattutto quello di Martina si può comprendere solo guardando quelle immagini delle intercettazioni ambientali", ha detto l'avvocato Messina. Il riferimento è a dieci minuti di intercettazioni ambientali realizzate nella caserma dei carabinieri dove i familiari stavano venendo ascoltati, in cui parlano di quanto accaduto e concordano anche cosa dire agli inquirenti. "In quelle intercettazione Martina delira – ha insistito il legale – Dopo 30 ore senza dormire e dopo quell’evento tragico è normale che ci sono dei momenti di poca lucidità".
L'avvocato ha poi insistito sul fatto che i Ciontoli non hanno tentato di nascondere le prove: La ferita è un foro chiuso, è uscito pochissimo sangue perché il foro si è richiuso subito dopo il passaggio del proiettile. Anche l’infermiera Bianchi parla di una piccola ferita pulita senza tracce di sangue, assomigliava ad una bruciatura di sigaretta. Nessuno ha pulito, altrimenti non si sarebbero trovati il lenzuolo l’accappatoio macchiato di sangue. Nessuno ha tentato di nascondere niente, c’era poco sangue ed è stato repertato dagli inquirenti". Al contrario secondo i giudici che hanno scritto la sentenza di primo grado la condotta della famiglia fu deliberata e volta a insabbiare quanto accaduto per evitare problemi.
"Antonio era l’unico ad essere a conoscenza dei fatti dall’inizio e gli altri occupanti erano all’oscuro. – ha dichiarato invece l'avvocato Miroli che rappresenta i genitori di Marco Vannini, rimarcando le responsabilità del campo famiglia – Antonio Ciontoli deve essere condannato non per dolo eventuale ma per colpa cosciente. Se Antonio Ciontoli ha agito per salvaguardare il posto di lavoro la morte di Marco ha determinato il fallimento di questo piano perciò Ciontoli non aveva mai considerato la possibilità che Marco potesse morire. Antonio Ciontoli ha cercato di malgovernare una situazione di rischio con una serie di verifiche ad occhio. È colpa non è dolo, è una situazione di pericolo che si verifica per trascuratezza e banalità
Chiesti 14 anni di carcere per la famiglia Ciontoli
Nel corso della prima udienza del processo d’appello sulla morte di Marco Vannini, ha preso la parola Federico Ciontoli, figlio di Antonio, condannato in primo grado a tre anni per omicidio colposo. Il ragazzo ha letto un lungo testo davanti ai presenti in Aula: “Non solo non ho fatto quello di cui il pm mi accusa, ma ho fatto tutto quello che era nelle mie possibilità date le condizioni reali di quella sera”. La procura ha chiesto 14 anni di condanna per tutti i componenti della famiglia: Antonio Ciontoli, la moglie Maria e i figli Martina e Federico.
Omicidio di Marco Vannini
Marco Vannini è morto a venti anni nella villa dei Ciontoli, a Ladispoli. Il ragazzo è stato ucciso con un colpo di pistola sparato da Antonio Ciontoli, il padre di Martina, la fidanzata di Marco. Il capofamiglia è stato condannato a quattordici anni in primo grado per omicidio volontario, mentre la moglie e i figli sono stati condannati a tre anni con l'accusa di omicidio colposo.