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Omicidio Marco Vannini

Omicidio Vannini, gli inquirenti sicuri: Martina era in bagno e ha visto il papà sparare a Marco

Per i pm Martina Ciontoli, come il padre e gli altri familiari, sarebbe colpevole di omicidio volontario nei confronti di Marco Vannini. Proprio perché sapeva dello sparo, sapeva della ferita, ma non ha fatto nulla per velocizzare i soccorsi o aiutare i medici. Anzi, avrebbe raccontato bugie per salvare il padre dalla perdita del lavoro.
A cura di Enrico Tata
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Marco Vannini e Martina Ciontoli
Marco Vannini e Martina Ciontoli
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Martina Ciontoli era in bagno e ha assistito al momento in cui il papà Antonio ha sparato al suo fidanzato Marco Vannini. Ne sono sicuri i pm (che oggi hanno presentato un ricorso alla Corte di Cassazione) e per questo anche Martina, come il padre e gli altri familiari, sarebbe colpevole di omicidio volontario nei confronti del ragazzo. Proprio perché sapeva dello sparo, sapeva della ferita, ma non ha fatto nulla per velocizzare i soccorsi o aiutare i medici. Anzi, avrebbe raccontato bugie per salvare il padre dalla perdita del lavoro. Le note intercettazioni ambientali di Martina, per i magistrati, sono una prova della presenza della ragazza all'interno del bagno dell'abitazione dei Ciontoli: "Io ho visto lui quando papà gli ha puntalo la pistola e gli ha detto la vedi la… ti sparo. E papà gli ha detto «è uno scherzo» e lui ha detto «non si scherza così». Ed è diventato pallido non ci posso pensà. Qua sotto (indicando l'ascella sinistra) aveva il proiettile". Frasi che dimostrerebbero la sua presenza al momento dello sparo. Ad aggravare la posizione della ragazza anche alcune immagini video, "ove si vede l'imputata agitare la mano verso l'esterno, nell'atto di simulare proprio il gesto  compiuto da Marco per allontanare l'arma. Si tratta, a ben vedere, di dettagli su cui era in grado di riferire solo ed esclusivamente una persona presente sul luogo dei fatti che avesse avuto un'esperienza diretta dell'accaduto, a nulla rilevando il forte stato emotivo da cui fu successivamente sopraffatta all'interno della caserma dei Carabinieri di Ladispoli". Per la procura è illogica la motivazione dei giudici d'appello (che hanno condannato Martina a tre anni per omicidio colposo) nel momento in cui afferma che "la prova scientifica non consente di collocare Martina Ciontoli nell'area di esplosione al momento dell'esplosione stessa". In effetti, spiegano "la prova scientifica non esclude che Martina Ciontoli potesse essere presente al momento dello sparo e pertanto un riferimento esclusivo alla prova scientifica, da considerare come elemento neutro, non è certamente sufficiente, in presenza del dato evincibile dall'ambientale, a inficiare la ricostruzione dei fatti come operata da questo Ufficio. L'acclarata presenza di Martina al momento dello sparo rende del tutto non veritiera la sua dichiarazione secondo la quale né era presente né era a conoscenza dell'accaduto, come riferito dall'infermiera Ilaria Bianchi, accorsa con l'autoambulanza presso l'abitazione dei Ciontoli( ‘non lo  so… io non so niente… non c'ero"".

La versione dei legali dei Ciontoli

Da riportare anche il parere degli avvocati difensori dei Ciontoli. In una conferenza stampa convocata per spiegare le ragioni della sentenza d'appello, i legali Andrea Miroli e Pietro Messina hanno sostenuto che Martina in realtà non era presente al momento dello sparo. Nelle intercettazioni ambientali registrate nella caserma dei carabinieri la ragazza "piangeva e delirava per alcuni aspetti. Nel famoso passaggio che dovrebbe far capire che era presente nel bagno al momento dello sparo, poco prima mattina dice: "Non ci posso credere che non lo vedo più, facevo ogni cosa con lui". Se noi guardiamo le intercettazioni e come vengono dette queste frasi, esse potrebbero essere come un rivivere un qualche cosa che gli era stata raccontata dal padre".

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