Omicidio Vannini, dopo la sentenza cartelli e striscioni per Marco a Ladispoli: “Non in mio nome”
Sono decine i cittadini e i commercianti di Ladispoli che hanno esposto cartelli e striscioni in solidarietà ai familiari di Marco Vannini, dopo la sentenza di primo grado che ha visto condannare Antonio Ciontoli a 14 anni di carcere, e la moglie e i figli Federico e Martina a 3 anni di reclusione. Prosciolta invece la Viola Giorgini, fidanzata con Federico Ciontoli all'epoca dei fatti. "Giustizia e verità per Marco Vannini", "Io sono Marco", gli slogan scelti dal comitato dei commercianti del comune costiero alle porte di Roma, assieme all'hashtag #noninmionome
Pene ritenute troppo miti dai genitori, che si sono scagliati contro la decisione dei giudici. La richiesta del pm era stata di 21 anni per Antonio Ciontoli e di 14 per gli altri membri della famiglia. "Mi sono arrivati tantissimi messaggi di solidarietà, una mamma per esempio mi ha scritto: "Nel nome del popolo italiano, si dice all'inizio della lettura della sentenza. No, non nel mio nome, il mio nome non c'era'. Ora aprirò un'associazione a nome di mio figlio, Giustizia e Verità, con cui aiuterò tutte le persone che hanno bisogno", ha spiegato Marina Conte, la mamma di Marco.
L'omicidio di Marco Vannini
Marco Vannini muore il 17 maggio del 2015 a Ladispoli a casa della fidanzata Martina Ciontoli. Ad ucciderlo un proiettile esploso per errore da Antonio Ciontoli mentre Marco, non ancora ventenne, si trovava sotto la doccia. A questo punto parte una incredibile sequela di fatti volti ad occultare la verità da parte di tutta la famiglia: i soccorsi vengono chiamati in ritardo, il sangue e le prove dello sparo fatte sparire, poi il personale del 118 quando finalmente arriva non viene informato di cosa sia davvero accaduto e Marco non ce la fa. Ma non finisce: anche dopo la morte del ragazzo Antonio Ciontoli, la moglie e i figli continuano nel tentativo di non far emergere la verità.