Omicidio di Gilberta Palleschi: massacrata dal mostro del Fibreno, profanato il cadavere
L'omicidio di Gilberta Palleschi ha segnato una delle pagine più crude della cronaca nera italiana, massacrata di botte, colpita con una pietra, uccisa e violata dopo la morte da Antonio Palleschi, muratore di 43 anni, suo omonimo ma non parente, detto il mostro del Fibreno, nei boschi di Campoli Appennino, in provincia di Frosinone. Gilberta, 57 anni al momento della scomparsa, viveva a Sora, insegnava Inglese e ricopriva il ruolo di segretaria regionale dell'Unicef. "Una persona dolce, altruista e molto attiva nell'ambito del sociale" così la ricordano le persone che l'hanno conosciuta. Con la passione per il jogging e le passeggiate immerse nella natura, dove poteva liberare i pensieri negativi e rigenerarsi. Era un sabato mattina del novembre 2014 quando Gilberta, uscita in tenuta sportiva e cuffiette per ascoltare la musica per andare a fare una passeggiata, non è più rientrata a casa. Il giorno dopo i suoi familiari, preoccupati per la sua assenza, si sono rivolti alle forze dell'ordine, denunciandone la scomparsa. Per cercarla si sono mobilitati carabinieri, vigili del fuoco e unità cinofile, che hanno setacciato il territorio, perlustrato i luoghi che la donna abitualmente frequentava e ascoltato le persone a lei vicine, nella speranza di ricevere informazioni utili e di ricostruire i suoi movimenti prima della scomparsa. Il 3 novembre i cani molecolari hanno rinvenuto un bracciale, un mazzo di chiavi, un paio di cuffiette per Ipad e una scheda sim lungo il fiume Fibreno.
Gilberta Palleschi: l'omicidio
I soccorritori troveranno il suo cadavere la mattina del 10 dicembre, trascorso oltre un mese dalla morte della donna e dopo quaranta giorni di ricerche senza sosta. Il suo corpo era senza vestiti, abbandonato a pochi chilometri dal luogo della scomparsa. Ad indicare il luogo del ritrovamento è stato proprio il suo assassino, Andrea Palleschi, che ha confessato l'omicidio. “Sono solo, ero uscito per cercare una donna”, avrebbe detto l'assassino agli investigatori. L'uomo, che già in passato aveva cercato di stuprare una donna e che aveva scontato un anno e 10 mesi di carcere per violenza sessuale, abitava poco distante dalla vittima, ma quel giorno l'aveva incontrata per caso, passandole accanto alla guida della sua Nissan Micra grigio scura. E nei boschi che tanto amava Gilberta ha trovato la morte. L'uomo l'ha aggredita buttandola a terra, l'ha presa a calci in faccia con un paio di scarpe pesanti antinfortunistica e l'ha colpita alla testa con una pietra. Poi, l'ha chiusa nel bagagliaio, abbandonandola in una sorta di cava, nei boschi di Campoli Appennino. Il giorno dopo, l'assassino è tornato nel luogo in cui l'aveva lasciata e ha tentato di avere un rapporto sessuale con il cadavere, togliendole gli indumenti intimi e masturbandosi, fatto che sarà poi confermato dai risultati dell'autopsia.
Omicidio Palleschi: il processo
Per l'omicidio di Gilberta in primo grado il giudice delle indagini preliminari ha respinto la richiesta di perizia psichiatrica ritenendola "senza alcuna base scientifica", condannando Andrea Palleschi all'ergastolo. Successivamente, nel 2017, la Corte d'Appello di Roma, ha riconosciuto all'imputato la seminfermità mentale. "Nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d'intendere o di volere – recita l'articolo 89 del codice penale e la persona condannata – risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita". Sconto confermato dai giudici della Corte Suprema di Cassazione, nonostante i tentativi del procuratore generale di Roma e dei parenti della vittima di far presente che la perizia "non ha formulato valutazioni di certezza diagnostica". Andrea Palleschi è stato condannato, in ultima istanza, a una pena di vent'anni.