Niente più turisti: ora il centro di Roma è disabitato
Oggi passeggiando per il centro della città quello che non si può fare a meno di notare è un vuoto, una mancanza: i turisti non ci sono più. Niente torpedoni, gruppi organizzati condotti dalle guide e scolaresche. Un vuoto che mostra quanto Roma si sia modellata sui bisogni del turismo di massa negli ultimi venti anni, trasformando il centro in un parco giochi a tema storico archeologico, tanto da svuotarlo di abitanti e funzioni. I voli low cost e la diffusione di piattaforme come Airbnb hanno accelerato un processo che era già in corso da tempo. E ora? La crisi innescata dall'epidemia di coronavirus quali conseguenze avrà?
Con 160 appartamenti affittati a turisti nel cuore di Roma, Wonder Where to Stay è una delle più affermate agenzie per affitti brevi della Capitale. Negli ultimi anni questo mercato è esploso e il 19% delle case del centro storico è finito su Airbnb. Su 30mila annunci per alloggi turistici, 20mila erano per interi appartamenti, di cui oltre 15mila nel I Municipio: a Trastevere, al Celio, all’Esquilino c’è un posto letto su Airbnb ogni due residenti. Oggi, con i flussi di turisti paralizzati dall'epidemia di coronavirus, queste case sono vuote così come il centro storico della capitale è praticamente disabitato.
“Molti host stanno provando a ricollocarsi sul mercato ordinario con contratti transitori” racconta Emiliano Luciani, direttore di WonderWhereToStay. “I siti di annunci come Immobiliare.it sono pieni di offerte di case pazzesche a prezzi mai visti. Un esempio: un appartamento di 100 metri quadri a 1.200 euro al mese in pieno centro”, aggiunge. Certo, i guadagni sul mercato ordinario non sono paragonabili a quelli a cui molti host erano abituati: “Molti avevano preso case in affitto per subaffittarle a turisti, e adesso devono far fronte alle spese”. C'è anche chi nuovi usi per le case vuote, come la host che ha creato un sito per offrire appartamenti per lo smart working. Luciani, però, è scettico: “Il problema è che non c’è domanda, né per contratti transitori, né per spazi per smart working. Quante persone verranno a Roma per pochi mesi? Poche centinaia, a fronte di migliaia di appartamenti disponibili. E quanti saranno disposti a pagare l’affitto di un appartamento per lavorare, tra l’altro spostandosi da casa quando il motivo per stare in smart working è restare a casa?”. In quanto alla domanda turistica interna, almeno quest’anno secondo Luciani gli italiani privilegeranno le destinazioni rurali e di villeggiatura, “dove i prezzi sono già aumentati”.
I dipendenti di Wonder Where to Stay sono in cassa integrazione. La Regione Lazio ha stanziato 20 milioni di euro per contributi di 600 euro a favore degli operatori del settore turistico, mentre le associazioni di categoria fanno previsioni drammatiche: un albergo su tre non riaprirà secondo Federalberghi, che stima una perdita di fatturato di a 1 miliardo di euro per il 2020, mentre per l’ENIT la ripresa del turismo avverrà solo nel 2023. Il settore ricettivo non è l’unico a pagare il crollo del mercato turistico. Sparite le botteghe artigiane e i negozi di vicinato, il “food & beverage” aveva preso il sopravvento trasformando il centro in una Disneyland del cibo. In cinque anni, dal 2013 al 2018, il ricambio ha riguardato 8mila attività, con un saldo negativo di circa 600 negozi chiusi, secondo la Camera di Commercio.
Molte attività di ristorazione stanno riaprendo, tra mille difficoltà, con le norme sul distanziamento. Da lunedì prossimo, per sei mesi, potranno usufruire del 35% in più di suolo pubblico per i tavolini. Ma c’è chi ha già dovuto riabbassare la saracinesca, come il locale In vino veritas, chiuso a sole due ore dalla riapertura. “Solo a Trastevere sono tanti i locali fatti chiudere per un mese per il mancato rispetto delle nuove norme – commenta un esercente – Un mese è tantissimo, così si rischia di perdere un anno di fatturato”.
Confesercenti stima la riapertura del 70% della rete distributiva commerciale e dei servizi a Roma, ma molti negozianti del centro storico sono pessimisti. Alcuni restano chiusi per protesta: chiedono aiuti dal governo, perché senza turisti non c’è lavoro, sostengono i ristoratori del neonato gruppo “La voce dei ristoratori di Roma”. Secondo l’ultimo report della Camera di Commercio quasi il 40% delle imprese è sfiduciata, un quarto “pensa che non riuscirà a recuperare nulla” e “due imprese su tre non si aspettano recuperi”. Di più, cresce il commercio online, tanto che Amazon sta aprendo una nuova sede a Colleferro. Il rischio, adesso, è un ulteriore svuotamento del centro storico, con la chiusura di molte attività che rischiano di essere rilevate a prezzi stracciati dalla criminalità organizzata, che ha la possibilità di investire aspettando la ripresa economica riciclando allo stesso tempo i proventi delle attività illecite.
Si è parlato molto negli ultimi anni dei rischi di una eccessiva dipendenza dell’economia della capitale dal settore del turismo. Peraltro mal gestito, con 13 milioni di presenze “fantasma” (il 30% di quelle ufficiali) che si traducono in minori introiti e più spese per la città. Forse si potrebbe cominciare con il regolamentare un settore che, prima o poi, ripartirà. Perché il rischio non è solo quello di un ritorno “a prima”, ma a un “peggio di prima”, con un'ulteriore deregolamentazione delle regole. Roma sconta l’aver percorso la strada di minor resistenza scommettendo su un unico settore economico, quello del turismo, che si rivela fragile e insostenibile, scontando l’assenza di una visione strategica di lungo periodo per diversificare l’economia e far crescere altri settori e soggetti.
Dalle scelte che si faranno nei prossimi mesi dipenderà il futuro del centro di Roma e di tutta la città.