‘Ndrangheta, scoperta una cosca a Roma: “Gruppo trattava alla pari con narcos colombiani”
Secondo gli investigatori, erano il braccio operativo a Roma della Cosca dei Pizzata. Una ‘ndrina che aveva i suoi referenti in Calabria e che sarebbe responsabile dell'omicidio, nel gennaio dello scorso anno, di Vincenzo Femia, boss di San Luca considerato referente della cosca Nirta-Scalzone nella capitale. Gestivano il traffico di droga a Roma e trattavano alla pari con i più pericolosi cartelli di narcos in Colombia. Per un giro d'affari di decine di milioni di euro. Oggi sono state arrestate più di 30 persone e oltre 400 uomini di polizia e Guardia di Finanza stanno eseguendo decine di perquisizioni in diverse regioni. Durante le perquisizioni gli uomini della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza di Roma hanno sequestrato complessivamente circa 600 chilogrammi di cocaina e hashish e diverse armi da fuoco. Agli indagati sono contestati, a vario titolo, oltre all'omicidio di Femia, avvenuto a Roma il 24 gennaio del 2013, alcuni ferimenti e diverse estorsioni.
"Si tratta di indagini classiche di mafia – ha detto il procuratore aggiunto Michele Prestipino – che si sono alimentate da diversi elementi di prova tra cui intercettazioni e dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gianni Cretarola che ha aperto uno squarcio sul traffico di droga a Roma ad opera di un qualificatissimo gruppo di origine calabrese di cui lui faceva parte e di cui ha iniziato a parlare dopo l'omicidio di Vincenzo Femia commesso a Roma il 24 gennaio 2013 in viale Castelluccia di San Paolo in zona Castel di Leva-Ardeatino di cui sono stati già arrestati gli esecutori materiali".
Svelati codici e riti mafiosi: trovato il “Codice San Luca"
Nel corso dell'operazione è stato ritrovato un quaderno. Al suo interno i ritti e le regole per l'affiliazione alla ‘Ndrangheta, una serie di appunti che sono stati decifrati dagli investigatori e che sono stati chiamati il “Codice San Luca”. La sua esistenza, fino ad ora, sottolineano gli investigatori, "era sospesa tra la tradizione e la leggenda".
"][/ymg]
Coinvolta anche una Coop legata a Mafia Capitale
Perquisita anche la coop Edera, coinvolta nelle indagini su Mafia Capitale. La coop assicurava lavoro a detenuti per farli accedere a misure alternative al carcere: avrebbe dato lavoro anche alcuni degli indagati di oggi. Secondo quanto dichiarato dal collaboratore di giustizia Gianni Cretarola, che ha dato input all'indagine che ha portato all'operazione di oggi, “la cooperativa era disponibile per la solo formale assunzione di ‘ndranghetisti”. “Non c'è nessun collegamento tra Mafia Capitale e l'indagine ma coincidenza che una delle cooperative la Edera assicurava lavoro ai detenuti, presupposto per misure alternative alla detenzione”, ha spiegato il procuratore aggiunto della Dda di Roma Michele Prestipino. “Grazie a questa cooperativa – ha aggiunto – alcuni degli indagati sono appunto riusciti a ottenere benefici alternativi alla detenzione, tra loro anche il collaboratore Gianni Cretarola e un altro indagato Antonio Pizzata”.
La smentita della coop
"La cooperativa sociale Edera non è in alcun modo riconducibile a Salvatore Buzzi. Lo abbiamo già detto lo scorso 23 dicembre e ci troviamo a doverlo ribadire oggi", ha dichiarato in una nota l'avvocato Massimiliano Cesali, legale della cooperativa, che ha poi aggiunto: "Scrivere, come ha fatto qualcuno ancora in queste ore, che Edera è una delle aziende di Salvatore Buzzì è semplicemente falso, oltre ad essere un cattivo modo di fare giornalismo e a creare una immagine quantomeno distorta della realtà. Quanto all'indagine che oggi ha portato all'arresto di 31 presunti affiliati alla ‘ndrangheta – ha spiegato Cesali – è bene precisare che la cooperativa non è coinvolta. Le autorità inquirenti si sono infatti limitate ad acquisire alcuni contratti di ex lavoratori della cooperativa".