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Le 5 ricette romane tradizionali di Natale dal primo al dolce

Abbacchio, pasta fatta in casa, dolci ipercalorici, una montagna di fritti. Il Natale è ovunque il trionfo della cucina casalinga, delle nonne e delle mamme. Ecco le ricette romane tradizionali di Natale.
A cura di Enrico Tata
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Abbacchio, pasta fatta in casa, dolci ipercalorici, una montagna di fritti. C'è chi aspetta questo giorno per un anno intero. E c'è chi si mette a dieta solo per prepararsi a questo pranzo. Ogni regione ha la sua tradizione e ogni famiglia italiana ha le sue ricette. Ma il Natale è ovunque il trionfo della cucina casalinga, delle nonne e delle mamme. Alcuni non saranno d'accordo con queste scelte, ma ecco quali sono, secondo noi, i cinque piatti che proprio non possono mancare sulle tavole dei romani. Ecco le ricette romane tradizionali per il Natale.

#1 Fritto misto alla romana

Carciofi, zucchine e cavolfiori, prima di tutto. Ma anche costolette d'abbacchio impanate e poi fritte nell'olio. Vi sembra pesante? Pensate che è solo una piccola parte della ricetta originaria del “Fritto misto alla romana”, riportata nel “Talismano della felicità”, pubblicato per la prima volta dalla gastronoma romana Ada Boni nel 1929. Prima di tutto, si friggeva nello strutto e le dosi per 6 persone erano le seguenti: costolette d'abbacchio, fegato di vitello, cervello, animelle, schienali, pane dorato, supplì, crocchette, carciofi, cavolfiori, zucchine e mele.

#2 Cappelletti in brodo o stracciatella in brodo

Cappelletti in brodo. Rigorosamente fatti e chiusi a mano e immersi nel loro brodo. Quello vero, non il dado, per carità. Sgombriamo ogni dubbio: i cappelletti romani non sono uguali ai tortellini bolognesi. Differiscono per la forma, per una maggiore grandezza e anche perché il ripieno è crudo. La stracciatella, o brodetto, può essere una valida alternativa. “Questa ricetta – scrive Ada Boni – costituiva l'invariabile punto di partenza dei pranzi di Pasqua romani del bel tempo antico”. Ma va benissimo anche a Natale.

#3 Il bollito di carne

Se avete preparato il brodo di carne per i cappelletti, allora dovete trovare anche un modo per servire la carne bollita che è rimasta. Secondo Ada Boni, i tagli migliori per il brodo sono “la copertina, il fianchetto, il petto, il manzo, la spalla e lo stinco”. Eccezionale sarebbe il piccione, dice la Boni. Non il volatile, ma un succulento taglio del bovino, detto anche "cappello del prete". Il bollito può essere poi servito con la maionese, con le patate lesse, con l'olio. Ma può essere usato anche per preparare polpette o polpettoni.

#4 Abbacchio alla cacciatora

L'abbacchio, parola nata a Roma, è l'agnellino da latte, che ha meno di 6 mesi. Un classico è prepararlo alla cacciatora, una delle ricette romane più famose. Ma non ci sono dubbi, a Natale l'abbacchio è “alla scottadito”, con un generoso letto di patate ad accompagnarlo. La ricetta è semplicissima: “Allineate le costolette di abbacchio sulla gratella. Ungetele con un po' di strutto, conditele con sale e pepe e mettete la granella su un letto di brace. Quando saranno cotte da un lato, voltatele e completate la cottura. Fatele servire appena fatte”.

#5 Il pangiallo degli antichi romani

Ormai Milano, con il panettone, e Verona, con il pandoro, sono le capitali dei dolci natalizi. Ma anche Roma ha il suo, un po' dimenticato: è il pangiallo, un dolce che ha la sua origine nell'antica Roma e più precisamente durante l'era imperiale. Era, infatti, un'usanza di quei tempi distribuire questi dolci dorati, durante la festa del solstizio d'inverno, in modo da favorire il ritorno del sole. Tradizionalmente il pangiallo veniva ottenuto tramite l'impasto di frutta secca, miele e cedro candito, il quale veniva in seguito sottoposto a cottura e ricoperto da uno strato di pastella d'uovo.

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