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Museo della Shoah, lascia Paserman: “Non si farà mai, manca la volontà politica”

Leone Paserman, presidente della Fondazione Museo della Shoah, lascia il suo incarico e se ne va sbattendo la porta: “Non si farà mai, manca la volontà politica”.
A cura di Valerio Renzi
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Leone Paserman, presidente della Fondazione Museo della Shoah e ex presidente della Comunità ebraica romana, lascia il suo incarico e se ne va sbattendo la porta. La decisione contenuta in una lettera inviata ai membri del Collegio dei Fondatori. Troppi i ritardi, i lavori che sono ancora ben lungi dal cominciare a Villa Torlonia, lì dove dovrebbe sorgere il futuro museo, incomprensioni con il sindaco Marino e una politica da troppi anni capace di fare solo promesse. Queste in buona sostanza le ragioni di Paserman che scrive: "A settanta anni dalla Shoah dovrebbe essere evidente che se davvero si vuole stimolare la riflessione dei giovani e la loro presa di coscienza, per non consentire che il nostro passato diventi il loro futuro è indispensabile passare dalla memoria alla storia e non solo ricordare quanto è avvenuto ma soprattutto studiarlo a fondo, analizzandone le cause, i processi, le metodologie".

Lascia con l'amaro in bocca Paserman, ribadendo in un'intervista al quotidiano la Repubblica: "Dubito che il Museo della Shoah si farà mai. Manca la volontà politica. Io intanto mi sono dimesso". Una decisione, spiega, maturata all'indomani del nuovo rinvio della riunione dei membri del cda in programma per oggi per sopraggiunti impegni del sindaco. L'ex presidente racconta il balletto di rinvii e difficoltà di fronte ai quali ha deciso di lasciare: "Il 4 novembre sono stati aggiudicati in via provvisoria i lavori del Museo a Villa Torlonia. Secondo il cronoprogramma dell’assessore Masini un mese dopo avremmo avuto l’aggiudicazione definitiva. Di mesi ne sono passati 3 e ancora aspettiamo. Ho scritto al neo assessore ai lavori pubblici Pucci, successore di Masini, ma non mi ha neanche risposto. E da quattro mesi non riusciamo neppure a riunire il cda: una volta è impegnato Marino, una volta Zingaretti, e le riunioni si rinviano".

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