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Morto il pm Antonio Marini: indagò sul caso Moro, su Ali Agca e sull’omicidio Marta Russo

Malato da tempo, il pubblico ministero ha legato il suo nome ai più importanti processi contro il terrorismo delle Brigate Rosse, alle indagini sull’attentato a Giovanni Paolo II e a importanti casi come l’omicidio della studentessa Marta Russo, si è spento questa notte. Protagonista per quarant’anni della vita giudiziaria italiana, il cordoglio di colleghi e istituzioni.
A cura di Redazione Roma
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Si è spento questa notte Antonio Marini, il pm della Procura di Roma titolare di importantissimi processi tra gli anni '70 e gli anni '90. Protagonista della vita giudiziaria italiana, era malato da tempo  e nel 2015 aveva lasciato il suo ultimo incarico come procuratore generale facente funzioni e da avvocato generale della Corte d’Appello di Roma. Da quanto si apprende dall'annuncio dato dalla moglie Elisabetta e dal figlio Edoardo, i funerali saranno celebrati venerdì 23 agosto alle 11.00 nella chiesa di San Roberto Bellarmino. Marini ha legato il suo nome alla fine degli anni '70 ad alcune delle più importanti contro il terrorismo, in particolare contro le Brigate Rosse, conducendo le indagini e il processo sul rapimento e l'omicidio di Aldo Moro e degli uomini della scorta uccisi in via Fani. Poi negli anni '80 il suo nome torna sulle prime pagine dei giornali per l‘attentato a Papa Giovanni Paolo II e l'arresto del ‘lupo grigio' Ali Agca.

Negli anni '90 saranno due le indagini e i processi che lo porteranno a seguire casi destinati a segnare la vita del Paese: l'omicidio della studentessa di giurisprudenza di 22 anni Marta Russo all'interno dell'Università la Sapienza, e l'omicidio del giuslavorista Massimo D'Antona nel 1999, assassinato dalle nuove Brigate Rosse. Negli stessi anni si occuperà anche delle inchieste sulla galassia anarcoinsurrezionalista. Pm antiterrorismo, ma anche antimafia, la carriera di Antonio Marini iniziò alla procura di Milano nel 1967 – dove già si occupò dei processi contro i militanti dell'estrema sinistra – per poi essere trasferito a Roma nel 1977 nel cuore degli anni di piombo. Al momento della pensione racconterà il suo più grande cruccio professionale, ovvero il "non essere riuscito a fare piena luce sull'attentato a Giovanni Paolo II".

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