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Marino scioglie le riserve: “Non mi candido alle primarie. Renzi e Pd ipocriti”

In una lunga lettera l’ex sindaco Ignazio Marino annuncia che non si candiderà alle primarie del Pd e poi attacca il premier Matteo Renzi: “Ha reso le primarie un rottame inutilizzabile”. Poi la proposta: a Roma niente simbolo di partito.
A cura di Valerio Renzi
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Con una lettera pubblicata dal quotidiano la Repubblica, l'ex sindaco Ignazio Marino annuncia che non si presenterà alle primarie del Partito democratico per decidere il prossimo candidato al Campidoglio. Nulla da fare dunque, nonostante l'invito di Roberto Giachetti a partecipare e nonostante i tanti che in questi giorni l'hanno tirato per la giacchetta.

Dimissionato con le famose firme dal notaio degli stessi consiglieri di maggioranza, Marino continua a difendere il suo operato e attacca a testa bassa il premier e segretario Matteo Renzi:

Le primarie hanno un senso a patto che chi le propone e chi vi partecipa ne rispetti il valore e poi l’esito. Se si calpesta la scelta dei cittadini, com’è successo a Roma, si svuota il significato stesso di quelle consultazioni. Per questo ho trovato sconcertante la decisione del segretario del Pd, Matteo Renzi, di indire nonostante tutto le primarie per la candidatura a sindaco di Roma. Mi chiedo come possa Renzi non vedere il danno arrecato al Pd e all’istituto stesso delle primarie dalle sue decisioni e pensare di andare avanti come se niente fosse. Non capisco come ritenga credibile chiedere alle elettrici e agli elettori romani di sacrificare una domenica mattina, mettersi in coda, versare i due euro e indicare il nome del proprio candidato sindaco, dopo che egli ha eliminato con un atto di forza chi quelle primarie aveva vinto l’ultima volta.

Le primarie quindi a Roma non avrebbero proprio senso per l'ex cittadino, che considera proprio Matteo Renzi il responsabile della sua cacciata dal Campidoglio. Marino accusa Renzi soprattutto di aver svuotato le primarie del loro senso, di aver rotto il rapporto di fiducia tra elettori ed eletti.

Il Presidente del Consiglio non si rende conto che con la sua interferenza sull’Amministrazione cittadina, interferenza che in altri casi egli stesso ha definito inaccettabile perché “il sindaco lo eleggono i cittadini”, ha reso le primarie, almeno a Roma, un rottame inutilizzabile. Convocando gli assessori della Giunta nella sede del Partito Democratico per imporgli di dimettersi e costringendo tutti i consiglieri comunali del Partito Democratico ad allearsi con la destra e a rimettere in blocco il mandato da un notaio, con il solo scopo di provocare la caduta del sindaco, Renzi e chi lo rappresenta a Roma hanno violato l’etica di una sana politica e il rapporto di fiducia fra il Pd e i suoi sostenitori, che il 7 aprile 2013 affidarono a me l’onore di candidarmi alle elezioni che poi vinsi con il 64% dei voti.

Poi la proposta più forte, per Marino il Pd non dovrebbe proprio presentare il simbolo, "trroppo evidente l’inganno perpetrato ai danni delle cittadine e dei cittadini di Roma, troppo lampanti i benefici delle lobby e dei potentati. Eliminando il sindaco, i consiglieri del Pd hanno eseguito un ordine del capo, e forse qualcuno ne beneficerà personalmente, ma hanno destinato il Pd alla dannazione politica". Indicando poi il Pd "come il problema e non come la soluzione".

Parole forti, che potrebbero essere il preludio per il lancio di una lista civica, magari alleata con la sinistra che per ora ha messo in campo solo il nome di Stefano Fassina, oppure l'ennesimo capitolo dell'uscita di scena del chirurgo prestato alla politica.

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