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Marco Giacchetta, ritrovato morto in una casa abbandonata. La mamma: “Non si suicidò, fu omicidio”

Il caso della morte di Marco Giacchetta potrebbe riaprirsi. Il 25enne, sostiene la madre, è stato ucciso e non si è tolto la vita. A dimostrarlo, secondo la donna, alcuni particolari trascurati dagli inquirenti. L’esperto nominato dalla famiglia: “Ci sono chiare evidenze, tra loro convergenti, a suffragio di una condotta omicidiaria”.
A cura di Enrico Tata
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Marco Giacchetta - foto Facebook
Marco Giacchetta – foto Facebook

Il 22 settembre del 2015 il corpo di Marco Giacchetta, operaio di 25 anni, fu trovato all'interno di un casolare abbandonato a Palestrina, vicino Roma. Sul collo del ragazzo c'era un profondo taglio che forse era stato provocato da una bottiglia rotta. Poco distante dalla casa fu ritrovata la macchina del ragazzo. Fin da subito la pista che scelsero di seguire gli investigatori fu quella del suicidio, ma oggi, a distanza di quattro anni, la mamma di Marco torna a parlare (in un'intervista rilasciata al Messaggero) e si dice sicura che il figlio non si è tolto la vita. "Marco è stato ucciso da una o più persone che sono ancora in libertà. Non lo dico io, ma gli elementi che, trascurati nel corso delle indagini iniziali, sono stati raccolti successivamente, avvalorati dalla perizia medico legale di un professore di comprovata fama", dice la signora Elisabetta Rocca, che presenterà una richiesta per riaprire il caso sulla morte del ragazzo. L'ha procura ha archiviato l'indagine come un caso di suicidio.

La strana morte di Marco Giacchetta

Marco scomparve il 17 settembre da Cave e a dare l'allarme furono proprio i suoi genitori. Quando il ragazzo fu ritrovato, il collo di bottiglia che secondo gli inquirenti avrebbe utilizzato per togliersi la vita era a circa sette metri di distanza dal cadavere e su di esso non c'erano le impronte digitali del 25enne. Altro dettaglio strano, Marco morì per emorragia, ma sul suo corpo non fu trovata nessuna traccia di sangue, mentre c'era invece sulle scarpe e sui vestiti. Non solo: un testimone raccontò di aver sentito delle grida provenire dal casolare abbandonato e altri raccontano di una violenta lite avuta dal ragazzo con due fratelli qualche giorno prima della scomparsa. In ultimo, sulle braccia e sulle mani del corpo di Marco ci sono segni di ferite da arma da taglio. Un altro dettaglio: un anno fa fu ritrovato un biglietto scritto dal giovane: "Chiedere del maresciallo e spiegarci che sono paranoico e che quella sera non ho letto per la fretta. Educatamente e ringraziarlo. Erano 4 fogli, dirglielo che sono uno di poca fiducia. Il verbale di ciò che ho dichiarato". Perché Marco voleva presentare una denuncia? E nei confronti di chi? Secondo l'esperto incaricato dalla famiglia, il professor Vittorio Fineschi, ordinario di medicina legale all'Università la Sapienza di Roma, bisogna "rifiutare categoricamente l’ipotesi di un evento suicidario perché ci sono chiare evidenze, tra loro convergenti, a suffragio di una condotta omicidiaria, volontaria, da parte di terzi".

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