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Mafia Ostia, chiesti 55 anni di carcere: le mani dei clan sugli stabilimenti

Il pm Mario Palazzi ha chiesto 55 di carcere per gli imputati nel processo sull’assegnazione di appalti e stabilimenti balneari. Diciassette anni di carcere per l’ex direttore dell’ufficio tecnico del municipio di Ostia, Aldo Papalini, e undici all’esponente del clan Spada Armando.
A cura di Valerio Renzi
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Cinquantacinque anni di carcere in tutto. Richieste pesanti quelle avanzate oggi dal pubblico ministero Mario Palazzi per gli imputati nel processo sulla gestione degli stabilimenti balneari di Ostia e per gli appalti sul litorale romano. Tra gli imputati Aldo Papalini, ex direttore dell'ufficio tecnico del municipio di Ostia, e Armando Spada, cugino di Carmine, considerato dagli inquirenti il boss dell'omonima famiglia di sinti italiani egemone nella zona di Nuova Ostia. Per l'ex dirigente pubblico chiesti diciassette anni di carcere, undici per Spada. Chiesti poi otto anni per l'ufficiale della Marina Militare Cosimo Appeso, sei e mezzo per Ferdinando Colloca, fratello del consigliere municipale di centrodestra Salvatore. Cinque anni per Damiano Facioni, imprenditore e per Matilde Magno. Un anno e mezzo per un altro imprenditore Angelo Salzano.

Abuso d'ufficio, turbativa d'asta, falso ideologico, concussione, corruzione, i reati contestati a vario titolo, per alcuni imputati con l'aggravante del metodo mafioso. Al centro dell'inchiesta, iniziata nel 2012, l'affidamento dello stabilimento balneare "Orsa Maggiore". Secondo gli inquirenti Papalini avrebbe favorito Armando Spada per ottenere la gestione di un parcheggio sul lungomare e dell'Orsa Maggiore, tramite la società Bluedream, in quel momento gestito dal Cral delle Poste. Un'assegnazione ottenuta secondo gli inquirenti con "l'intimidazione", "la corruzione" e il "metodo mafioso". Papalini è al centro di altre inchieste relative a appalti e concessioni.

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