Mafia Capitale, i 39 “non ricordo” durante la deposizione della deputata del Pd Campana
Tanti, troppi vuoti di memoria per una donna così giovane. Sono 39, per la precisione, i "non ricordo" pronunciati dalla deputata del Pd Micaela Campana durante la sua deposizione nel maxi processo per Mafia Capitale. Li ha contati il "Fatto quotidiano", implacabile nel sottolineare le troppe lacune mostrate dalla componente delle commissioni Giustizia e Schengen della Camera dei Deputati davanti ai magistrati. Lacune che potrebbero portare i giudici a indagarla per falsa testimonianza, in un processo che parallelamente potrebbe vedere l'archiviazione per molte delle persone inizialmente indagate.
Campana è stata ascoltata come teste della difesa: a chiamarla è stato il legale di Salvatore Buzzi, una delle figure chiave dell'inchiesta su quel "mondo di mezzo" scoperchiato dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, assieme a Massimo Carminati. La deputata Pd è moglie di uno degli imputati, l'ex assessore della giunta Marino Daniele Ozzimo. Nell'aula bunker di Rebibbia la parlamentare ha parlato per circa due ore: un racconto però scandito da troppe incertezze, reticenze, tentennamenti.
La deputata rimproverata dal giudice per i troppi vuoti di memoria
I "non ricordo" della deputata Pd sono arrivati sia in risposta alle domande della presidente del collegio dei giudici, Rosanna Ianniello, sia a quelle dell'avvocato di Buzzi, presidente della "Cooperativa 29 giugno" e considerato il ras delle coop romane coinvolte nel business dell'assistenza a rom e migranti. Al centro delle domande soprattutto le circostanze e i motivi di un incontro tra lo stesso Buzzi e il viceministro dell'Interno Filippo Bubbico. Campana ha affermato di non ricordare se Buzzi le spiegò le motivazioni dell'incontro.
Alla fine, di fronte ai tanti vuoti di memoria, il magistrato sbotta: "Lei è anche una persona giovane, quindi questo ‘non ricordo' continuo come ce lo spiega?". La risposta della deputata: "Faccio anche altre cose". Forse, a breve, si dovrà anche difendere dalle accuse di falsa testimonianza.