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Mafia Capitale, Carminati attacca: “Io sempre in prima pagina”. Libera: “Un avvertimento”

“Vorrei che venisse fatto un processo sui processi che si riferiscono a me, celebrati prima di questo giudizio”, ha detto Massimo Carminati durante una seduta del processo su Mafia Capitale.
A cura di Enrico Tata
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"Io non mi devo difendere solo in questo processo, ma anche in quello che sta succedendo fuori". A parlare è Massimo Carminati, che si riferisce a un lungo articolo pubblicato da L'Espresso dal titolo "Ricatto alla Repubblica" e dedicato al furto, nel 1999, nel caveau di una filiale della Banca di Roma. Derubati furono, tra gli altri, magistrati, avvocati e funzionari della giustizia. Un arma di ricatto che avrebbe fatto diventare il capo del "mondo di mezzo" un "intoccabile". L'ex Nar rompe il silenzio e attacca l'Espresso durante le dichiarazioni spontanee rese questa mattina in aula nel corso di una seduta del processo su Mafia Capitale. "Vorrei che venisse fatto un processo sui processi che si riferiscono a me, celebrati prima di questo giudizio", ha detto "il cecato".  "Ieri l'Espresso ha pubblicato un articolo su di me, con la mia foto in copertina, nel quale si fa riferimento alla lista delle cassette di sicurezza che ho sottratto nel furto al caveau. Si fa intendere nell'articolo che io ho corrotto i giudici del processo Pecorelli, i quali sono stati offesi", ha spiegato in aula.

Libera: "Un segnale rivolto all'esterno, a chi può capire"

"Credo che nella scelta di Carminati di rompere il silenzio per attaccare i giornalisti de L'Espresso e per sollecitare altri a non stare più zitti debba essere colto un segnale preciso. Un segnale che, come spiega lo stesso imputato al 41 bis, e' rivolto all'esterno dell'aula di giustizia, verso chi è in grado di recepirlo perfettamente", ha commentato l'avvocato Giulio Vasaturo, legale dell'associazione Libera, parte civile nel processo.

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