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Ma davvero il Pd pensa che gli elettori abbiano la memoria così corta?

L’ex sindaco Ignazio Marino è stato assolto dalle accuse di falso e peculato relative allo scandalo degli scontrini scoppiato lo scorso anno. Oggi alcuni esponenti dem festeggiano la sua assoluzione, dimenticando però quale trattamento riservarono all’allora sindaco quando scoppiò la bufera che portò Marino a processo.
A cura di Charlotte Matteini
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L'ex sindaco di Roma Ignazio Marino è stato assolto dalle accuse di peculato e falso relative all'utilizzo fraudolento della carta di credito comunale all'epoca del suo mandato. Secondo l'inchiesta, partito lo scorso anno dopo la presentazione di un esposto alla Magistratura da parte del Movimento 5 Stelle, l'ex sindaco avrebbe pagato delle spese personali non relative all'esercizio della sua funzione, con la carta di credito del Campidoglio. Marino, inoltre, è stato assolto anche dall'accusa di concorso in truffa relativa al pagamento di compensi fittizi quando era rappresentante legale della Onlus ‘Imagine'. Insomma, dopo un anno di processi e accuse infamanti, l'ex sindaco dem è uscito pulito dalla vicenda giudiziaria, assolto perché "il fatto non sussiste". All'epoca dell'iscrizione nel registro degli indagati, alcuni colleghi del Partito Democratico romano, primo su tutti il presidente del Pd  e commissario Matteo Orfini, pretesero per svariati motivi le dimissioni del chirurgo. Secondo alcuni esponenti dem, Marino non poteva continuare a fare il sindaco di Roma perché inadeguato – e sul punto si potrebbero aprire infinite discussioni – ma anche perché bugiardo. Insomma, l'iscrizione nel registro degli indagati e il successivo avviso di garanzia furono le scusanti all'epoca utilizzate da molti per far decadere la giunta capitolina. Scusanti che però, alla luce dei fatti emersi questa mattina, ora vengono parzialmente ritrattate.

Il presidente del Partito Democratico Matteo Orfini ha dichiarato: "Quando avevamo condannato l'episodio degli scontrini speravo che Marino dimostrasse la sua innocenza. Sono contento che sia stato assolto. Noi non abbiamo mai chiesto le dimissioni di Marino per la vicenda degli scontrini, voglio ricordarlo, ma per la sua totale incapacità di gestire la città di Roma". Il che è vero, Orfini disse che le valutazioni rispetto alla vicenda degli scontrini le avrebbe fatte la magistratura, ma ciò che è evidente dalla cronologia dei fatti è che alla definitiva crisi della giunta capitolina si arrivò proprio appena dopo la scoperta di quello che fu fatto passare per un terribile scandalo da più parti, grazie alla gran cassa mediatica attivata dopo l'esposto dei 5 Stelle. Un pretesto, la vicenda degli scontrini venne utilizzata come classica "goccia che fa traboccare il vaso". Il 10 ottobre del 2015, infatti, commentando la vicenda relativa agli scontrini, Orfini sulla sua pagina Facebook scrisse: " Le ultime inquietanti vicende – a cui ancora oggi non è stata data una spiegazione, e scaricare la responsabilità sui propri collaboratori evidentemente non lo è – hanno finito per incrinare la fiducia nei suoi confronti. Vicende che non possono essere sminuite se un uomo della legalità come Alfonso Sabella ha ritenuto di dover far sapere che avrebbero impedito la sua permanenza in giunta qualora il sindaco non si fosse dimesso. Spero prima o poi arrivino risposte chiare". Insomma, le condanne spettano alla magistratura, ma di Marino non ci fidiamo".

"Ex Sindaco Marino assolto da tutte le accuse. Sono contento,nonostante il giudizio politico negativo non ho mai pensato fosse un ladro", ha invece twittato il senatore del pd Stefano Esposito. Peccato per i due esponenti dem, Internet – e gli elettori, soprattutto – hanno la memoria lunga e non basta un tweet o una dichiarazione di circostanza per cancellare i trascorsi che hanno portato alla caduta della giunta Marino e a consegnare la città di Roma nelle mani del Movimento 5 Stelle e di Virginia Raggi. In un'intervista rilasciata a Repubblica il 31 marzo 2016, Stefano Esposito a una domanda relativa alla cacciata di Marino da Roma rispose: "Ma sbagliato cosa! Abbiamo mandato a casa un bugiardo. Lo ho già detto quando si è conclusa l'esperienza della giunta in quel modo, con le dimissioni dell'allora sindaco prima date e poi ritirate. Marino è uno che si è beccato l'avviso di garanzia e non ha detto niente, neppure ne ha informato la sua giunta. Marino è uno che mente sugli scontrini. Io non intendo fare pubblicità al suo libro". Bugiardo, uno che mente sugli scontrini. Il garantista Esposito, insomma, aveva già emesso la sua sentenza e secondo lui Marino meritava di essere spodestato con ignominia perché rubacchiava con la carta di credito comunale. Peccato però che l'accusa sia caduta e che al momento non siano ancora pervenute chiare scuse da parte di quegli esponenti politici che l'anno scorso, per mesi, hanno denigrato l'allora sindaco romano.

stefano esposito

Come centinaia di commenti degli utenti testimoniano, i commenti di Orfini ed Esposito non sono affatto passati inosservati agli elettori romani. In molti, infatti, in queste ore stanno letteralmente intasando la timeline Twitter dei due politici sostenendo che chi ha voluto e permesso che la giunta Marino cadesse dovrebbe prendersi le proprie responsabilità e dimettersi, alla luce dell'enorme errore politico e giudiziario commesso. Orfini, Esposito e molti altri esponenti dem all'epoca dei fatti fecero partire un vero e proprio fuoco di fila contro l'allora sindaco Marino, costringendolo prima a rassegnare le proprie dimissioni e poi facendo cadere la giunta tramite notaio. Un vero e proprio colpo basso, che può essere comprensibile nel momento in cui viene inferto a un avversario di cui si ha la certezza di una condotta politica e penale poco specchiata, ma risulta oltremodo assurdo se a sparare contro un proprio esponente è il cosiddetto fuoco amico. E oltretutto, ancor più grottesco è pensare di poter evitare di porgere le dovute scuse a chi per mesi è stato maltrattato, diffamato e ingiustamente accusato di condotte penali che la stessa magistratura ha chiarito non essere mai state poste in essere.

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