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Lo stalker di Giorgia Meloni era convinto di essere il padre naturale della figlia della deputata

Condannato a due anni di reclusione l’uomo sarebbe stato realmente pericoloso, vivendo di ricostruzioni “deliranti” e distaccate dalla realtà. Nella sentenza di condanna a due anni per Raffaele Nugnes si legge come le minacce di portargli via la figlia avrebbero costretto Giorgia Meloni in uno “stato d’ansia e paura per le sorti della sua bambina”.
A cura di Redazione Roma
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Lo stalker di Giorgia Meloni, il 43enne originario di Caserta Raffaele Nugnes, era realmente "pericoloso" e con una capacità di intendere e di volere "grandemente scemata". La leader di Fratelli d'Italia era arrivata davvero a temere per l‘incolumità sua e della sua famiglia, in particolare per la figlia di 3 anni, di cui l'uomo pretendeva di essere il padre naturale. Questo si legge nelle motivazioni della sentenza che lo scorso 22 maggio ha portato alla condanna a due anni di reclusione per il 43enne. Minacce di portarle via la figlia che, secondo quanto riportato dal giudice avrebbero costretto Meloni in uno "stato d’ansia e paura per le sorti della sua bambina".  Una condizione che "la notte non ha fatto dormire la deputata, costretta a intensificare le misure di protezione della piccola, tenuto conto del suo lavoro di parlamentare che la conduce fuori casa".

Ricostruzioni "fantasiose" e "deliranti", prive di qualsiasi rapporto con la realtà, ma che avrebbero portato a "minacce rivolte alla deputata, in un contesto di per sé inquietante, attraverso un linguaggio violento", tanto da portare Nugnes a minacciare una strage se la deputata non avesse accettato di vederlo assieme alla figlia. Addirittura il 7 giugno del 2019 il 43enne da Caserta si era portato a Roma per vederla, non limitandosi così ai soli post e video di minacce sui social network. Una situazione che ha fatto della leader della destra italiana una "vittima vulnerabile" di quell'uomo che per mesi ha insidiato la sua vita privata fino all'arresto nel luglio del 2019, anche perché i messaggi sui social avrebbero alimentato potenzialmente altre minacce e pericoli. Al 43enne è stato riconosciuto parzialmente non in grado di intendere e di volere, come risultato dalla perizia psichiatrica.

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