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Leader dei centri sociali Nunzio D’Erme condannato a 3 anni: “Aggredì militanti estrema destra”

Nunzio D’Erme, ex consigliere comunale e storico leader dei centri sociali romani, è stato condannato a 3 anni e 10 mesi per gli incidenti avvenuti nel maggio del 2014 nella sede del VII Municipio tra attivisti dei movimenti antagonisti e del movimento di estrema destra Militia Christi, a margine di un convegno.
A cura di Redazione Roma
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L'ex consigliere comunale e storico leader dei centri sociali e dell'antagonismo romano, Nunzio D'Erme, è stato condannato in primo grado a 3 anni e 10 mesi, per degli incidenti avvenuti a margine di un convegno nella sede del VII Municipio. Era il maggio del 2014 quando si affrontarono militanti del gruppo di estrema destra tradizionalista Militia Christi, venuti per contestare un convegno sull'educazione sentimentale nelle scuole, che avrebbe rappresentato una forma di "propaganda gender", e alcuni attivisti di sinistra. Condannati con D'Erme due attivisti del centro sociale Spartaco Marco Bucci, un anno e quattro mesi e Marco Liodino, un anno e sei mesi. Nel dicembre 2014 D'Erme venne arrestato per l'episodio che lo vede oggi condannato con le accuse di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali aggravate e procurata evasione.

"Durante le indagini preliminari il legale di Nunzio D’Erme, l’avvocato Marco Lucentini, chiese l’incidente probatorio, e la perizia redatta da due professori dell’Università La Sapienza di Roma escluse che le lesioni riportate dagli agenti di polizia potessero riferirsi ai fatti accaduti e contestati a Nunzio D’Erme. Nonostante tutto ciò il Giudice non ha tenuto alcun conto della perizia e ha confermato le accuse emettendo la condanna a 3 anni e 10 mesi. – si legge in una nota della Federazione del Sociale dell'Unione sindacale di base  -L’avvocato Lucentini, in attesa della deposizione della sentenza, annuncia il ricorso in appello. La condanna a Nunzio e una ‘sentenza a orologeria', che arriva in una fase di ulteriore criminalizzazione delle lotte sociali dove a denunce e misure repressive si aggiunge l’approvazione del Decreto Salvini che chiude ulteriori spazi di agibilità politica alle lotte e ai movimenti come tentativo di fermare con ogni mezzo qualsiasi opposizione sociale nel paese, evidenziando il disegno di relegare le lotte sociali a un mero problema di ordine pubblico e di usare le condanne in maniera simbolica ed esemplare, per dare il segno di cosa possa capitare a chi voglia seguire quelle tracce".

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