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L’allarme di Antigone: “Segnali preoccupanti dal sistema carcerario nel Lazio”

Presentato a Roma il rapporto di metà anno di Antigone sul sistema penitenziario italiano. Dati, numeri e percentuali sulle condizioni vissute dai detenuti rinchiusi nelle carceri di tutto lo stivale. Per quanto riguarda il Lazio l’associazione ha lanciato l’allarme su due aspetti in particolare: la diminuzione dei permessi premio concessi ai detenuti, e la chiusura di molti corsi d’istruzione in carcere.
A cura di Simona Berterame
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Diminuiscono gli ingressi in carcere ma aumentano le pene e oltre un terzo dei detenuti è dentro per reati connessi alle leggi sugli stupefacenti. Risultano in calo gli stranieri finiti dietro le sbarre e peggiora in generale la vita nelle carceri. Infine, l'Italia ha le carceri più affollate dell'Ue. Questo è in estrema sintesi il rapporto di metà anno presentato da Antigone sul sistema penitenziario nostrano. Abbiamo perciò analizzato alcuni dei dati presentati dall'associazione impegnata da anni nella protezione dei diritti umani in Italia, relativi in particolare alle condizioni nelle carceri laziali.

I permessi premio: stretta nel Lazio

Nel primo semestre del 2019 sono stati concessi 19.610 permessi premio, una media di 0,3 a persona considerando il numero dei detenuti presenti alla fine del periodo, un dato stabile negli ultimi anni. È invece assai variabile la percentuale delle concessioni nelle varie regioni italiane. In termini assoluti, la regione che ha visto concedere più permessi è stata di gran lunga la Lombardia (7.902), seguita dal Piemonte (1.412), dalla Toscana (1.247) e dalla Campania (1.208). Anche considerando il dato in relazione alle presenze la Lombardia stacca le altre regioni, con una media di quasi un permesso a detenuto (0,9). La seguono Umbria (mezzo permesso a detenuto: 0,5) e Liguria e Sardegna (entrambe 0,4). In Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Trentino Alto Adige e Valle D’Aosta nei primi sei mesi dell’anno sono stati concessi 0,1 permessi premio ogni persona detenuta. Tale disomogeneità è il segno di una pari disomogeneità culturale tra i diversi operatori e magistrati di sorveglianza.

Istruzioni in carcere, chiudono i corsi in diversi istituti

Nel corso dell’ultimo mese sono giunte ad Antigone segnalazioni circa la chiusura di diversi corsi scolastici nei territori del Lazio e della Calabria. Nonostante la richiesta di chiarimenti alle istituzioni scolastiche locali, regionali e nazionali, non ci è stata fornita alcuna risposta. Circa 100 persone detenute nella casa circondariale di Rebibbia non potranno frequentare alcun corso scolastico nel corso dell’anno 2019/2020 a causa di un insufficiente numero di classi rispetto alle domande di iscrizione. Ciò vuol dire che quelle persone detenute resteranno con ogni probabilità a oziare in cella. "Si tratta di segnali preoccupanti di un processo di desertificazione scolastica rispetto al quale è necessario un intervento da parte delle istituzioni scolastiche e della Giustizia – scrive Antigone nel rapporto – da un lato affinché venga ristabilito il diritto allo studio, un diritto costituzionalmente garantito, e dall’altro per conferire un senso alla pena detentiva. L’istruzione è un diritto fondamentale della persona, libera o reclusa che sia, nonché lo strumento principale di emancipazione da qualsiasi percorso criminale. La legge italiana lo elenca tra gli elementi di quel trattamento rieducativo che dovrebbe portare la persona detenuta a reintegrarsi nella società e a non commettere più reati. Il nostro ordinamento lo considera dunque come un elemento di tutela della sicurezza. Senza l’istruzione aumenta il rischio che il carcere diventi una scuola di devianza".

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