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Covid 19

L’allarme dei centri antiviolenza: “Donne chiuse in casa e isolate non riescono a chiedere aiuto”

Sono costrette in casa senza poter uscire con compagni e uomini maltrattanti. Hanno difficoltà a chiedere aiuto perché devono giustificare ogni movimento. E in condizioni di convivenza forzata 24 ore su 24, fare una telefonata senza essere ascoltate diventa impossibile. Il coronavirus ha come conseguenza anche un altro dramma: quello delle donne vittime di violenza, che ora sono più isolate di prima.
A cura di Redazione Roma
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Di Natascia Grbic e Alessia Rabbai

Ci sono dei balconi in cui non vedrete appeso lo striscione ‘Andrà tutto bene'. L'emergenza coronavirus ha causato un altro dramma: quello delle donne costrette in casa con compagni violenti, con cui ora devono convivere 24 ore su 24. E che in questa situazione non sanno a chi chiedere aiuto. Fanpage.it ha intervistato Befree e Differenza Donna, associazioni che gestiscono diversi centri antiviolenza nel Lazio. E la realtà da loro descritta è quella di un fenomeno preoccupante: la maggiore difficoltà a chiedere aiuto nella situazione di isolamento domestico.

Dimezzate le chiamate al 1522 da inizio emergenza

Le chiamate al numero antiviolenza e stalking 1522 sono diminuite del 50% dall'inizio dell'emergenza. Elisa Ercoli, presidente dall'associazione Differenza Donna Onlus ha spiegato a Fanpage.it che: "Le donne vittime di violenza in queste settimane di isolamento domiciliare non riescono a contattarci perché sono perennemente sotto controllo. Come centri antiviolenza registriamo una diminuzione di segnalazioni e accessi anche più alta". "In condizioni normali vediamo emergere quello che consideriamo il 20% delle donne vittime di violenza che si fanno avanti nei centri o tramite denuncia alle forze dell'ordine. – spiega Ercoli – In questo momento ne rimane sommerso almeno il 50% se non oltre. Abbiamo registrato una netta diminuzione di apertura delle schede. Ad esempio, nel centro antiviolenza di Villa Pamphilij, che normalmente apre 500/600 schede nuove ogni anno con contatti di donne che si rivolgono anoi per la prima volta, abbiamo avuto una riduzione del 60/70%, così come negli altri centri antiviolenza di Differenza Donna a Roma".

I codici rosa non registrano più accessi al pronto soccorso

I codici rosa non registrano più accessi di donne in uscita dalla violenza perché non vanno più in pronto soccorso. Il codice rosa è appunto un particolare codice del triage affiancato ai codici di priorità che assicura un accesso e un contatto immediato con i soccorritori, appositamente dedicato a tutte le vittime di violenza, in particolare donne, bambini e persone discriminate, per fornire l'assistenza adeguata e una protezione attraverso una rete di supporto su più fronti, a livello territoriale.

Le donne migranti e disabili sono scomparse

Dai dati raccolti da Differenza Donna emerge inoltre come chi riesca a rivolgersi a centri antiviolenza e pronto soccorso sono donne italiane, mentre sono scomparse completamente le donne migranti e con disabilità. "Uno degli obiettivi che stiamo perseguendo in questo momento è fornire maggiore conoscenza dei centri antiviolenza, servono molte campagne per far capire alle donne che sono lo strumento strategico attraverso il quale poter iniziare un percorso di uscita dalla violenza, in questo momento di emergenza dobbiamo arrivare a tutte. Donne e minori possono uscire da situzioni di violenza solo se sanno di avere dei diritti e che esistono alternative sostenibili e percorribili".

Difficoltà ad assentarsi con le restrizioni in corso

Oria Galgano, presidente di Befree, spiega che "inizialmente le telefonate si sono diradate, ci chiamavano solo coloro con cui avevamo già un contatto. Negli ultimi giorni c'è stato invece un aumento esponenziale di chiamate, sia di donne che già seguivamo, sia di nuove". Contattare i centri antiviolenza adesso è più complicato. Prima le donne chiamavano il 1522 appena il convivente maltrattante non era presente, e avevano tempo e modo di riflettere sui percorsi di fuoriuscita. Adesso, invece, hanno più difficoltà ad assentarsi perché con le restrizioni per la pandemia da coronavirus devono giustificare ogni movimento. E con il lockdown totale hanno paura che non ci sia soluzione alla loro situazione.

"Centri antiviolenza sono attivi anche durante quarantena"

"È importante sapere che il 1522 si può chiamare in ogni momento, sia di giorno sia di notte – spiega Oria – Stiamo lavorando tantissimo e vogliamo dare tutela a tutte le donne. Ovviamente dove c'è un rischio acuto invitiamo a chiamare i carabinieri o il 112, soprattutto quando l'uomo ha con sé un'arma. Alle donne deve arrivare un messaggio: funziona tutto, non è vero che è tutto chiuso, noi siamo aperti. Lavoriamo con persone esperte che sanno fare una valutazione del rischio, sanno come affrontare la situazione. Le soluzioni possiamo trovarle insieme. Siamo tutti presi dal coronavirus, ma non è un buon motivo per subire angherie fisiche, psicologiche, sessuali ed economiche".

A Roma gli alberghi diventano case rifugio

C'è un problema enorme però a Roma, ossia i pochissimi posti letto disponibili nelle case rifugio. Secondo la Convenzione di Istanbul ci dovrebbe essere una casa rifugio ogni 10mila abitanti. La capitale, con i suoi tre milioni di abitanti, dovrebbe mettere a disposizione 300 posti. Invece ce ne sono solo 25, un numero decisamente irrisorio. E non bastano per tutte coloro che hanno bisogno di aiuto. Per aiutare chi vuole andare via di casa, Befree, con il contributo della fondazione Haiku Lugano, fornisce a donne e bambini ospitalità in alcune strutture alberghiere di Roma. Qui saranno presenti operatrici, educatrici, psicologhe e legali che le aiuteranno ad affrontare la situazione. "Un progetto che potremmo dire sperimentale ma che ci consente di dare una prima immediata risposta alle innumerevoli richieste di aiuto", commenta Oria.

Come possono chiedere aiuto le vittime di violenza

"La richiesta di aiuto verbale e telefonica in questo momento storico che stiamo vivendo, è nella maggior parte dei casi impossibile – ha spiegato Ercoli – stiamo cercando di facilitare la comunicazione attraverso altri canali come sms, WhatsApp (attraverso numeri di cellulare), email e social network, per permettere alle donne di mettersi in contatto con noi. I centri antiviolenza sono aperti anche adesso e se una donna si trova in una situazione d'emergenza, noi l'accogliamo. Il centro antiviolenza di Villa Pamphilij, essendo anche una casa rifugio, è aperta 24 ore su 24, mentre gli altri sono diurni nell'accoglienza fisica, ma hanno una reperibilità h24, quindi le donne possono contattarci a qualunque ora".

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