La scalata di Diabolik a boss della droga, dall’ombra di Senese ai rapporti con la ‘ndrangheta
Camorra, ‘ndrangheta, mafia albanese. La scalata di Fabrizio Piscitelli a boss della droga è avvenuta in un clima di pax criminale, dove ogni gruppo criminale vendeva chili di sostanze stupefacenti a lui e al suo braccio destro, Fabrizio Fabietti. Tutti erano fornitori del capo degli Irriducibili, che aveva "il pregio" di pagare subito in contanti e ricevere così grossi sconti sul prezzo della droga. Non stiamo parlando di una piccola banda di spacciatori, ma di "un gruppo che non ha eguali in altre città italiane", come ha dichiarato il Procuratore di Roma, Michele Prestipino. Un gruppo che "metteva insieme pezzi di criminalità sportiva, di criminalità politica e narcotraffico, tutti accomunati da un vincolo associativo, da un senso identitario forte coagulato intorno a Piscitelli". Com'è noto, Diabolik è stato ucciso il 7 agosto in via Lemonia, su una panchina del parco degli Acquedotti. Un omicidio in odore di criminalità organizzata, che porta a pensare che la pax che teneva insieme camorra, ‘ndrangheta e mafia albanese sia saltata. Con un messaggio chiaro: l'esecuzione del boss a capo della banda di narcotrafficanti più attiva della capitale. Tanto che Fabietti, dopo l'assassinio di Diabolik, aveva preso numerose precauzioni per garantire la sua sicurezza.
La carriera criminale di Diabolik, dai rapporti con la camorra alla pax mafiosa di Roma
Piscitelli non ha iniziato dal nulla, Sin dagli anni '90 ha iniziato a intrattenere rapporti con il clan di Michele Senese, detto ‘o pazzo. Secondo la Guardia di Finanza, il capo degli Irriducibili aveva il compito di fare da tramite tra il boss e il clan Abate, con il quale stringeva accordi "finalizzati all’approvvigionamento di eroina dalla Turchia, via Germania, e di hashish dalla Spagna, al più recente processo connesso alla scalata alla Lazio ovvero, ancora, agli innumerevoli episodi di violenza negli stadi". Negli anni Diabolik era sempre rimasto nell'orbita del clan Senese: nell'ordinanza relativa a Mafia Capitale, si legge che "su Ponte Milvio opera una batteria particolarmente agguerrita e pericolosa con a capo Fabrizio Piscitelli alias Diabolik e della quale facevano parte soggetti albanesi" e che "la predetta batteria era al servizio dei ‘napoletani' ormai insediatisi a Roma nord, tra cui i fratelli Esposito facenti capo a Michele Senese". Insomma, il capo degli Irriducibili era sì un noto esponente della criminalità organizzata romana, ma non poteva ancora definirsi un vero e proprio boss. E all'epoca faceva affari con un solo gruppo mafioso.
Omicidio di Diabolik forse segno della rottura della pax mafiosa
Dalle carte dell'inchiesta "Grande Raccordo Criminale" emerge invece che a capo dell'organizzazione di narcotrafficanti che riforniva tutta Roma di hashish e cocaina c'era proprio Fabrizio Piscitelli. Non più uomo al soldo di qualcuno, ma capo incontrastato, con un braccio destro e una banda di picchiatori al suo servizio. Tra il febbraio e il novembre del 2018 il gruppo di Fabietti e Piscitelli ha movimentato 250 chili di cocaina e 4.250 chili di hashish per un "valore complessivo stimato al dettaglio" di circa "120 milioni di euro". L'associazione poteva contare su un flusso costante di droga proveniente dal Sud America (cocaina da Colombia e Brasile) e dal Nord Africa (hashish dal Marocco), garantito dai fornitori abituali. La grande quantità di denaro che girava intorno a queste operazioni accontentava tutti i gruppi mafiosi, che potevano sedere al tavolo e avere una consistente fetta di torta. Qualcosa però si è rotto, qualcuno da quella tavola si è alzato. Forse perché infastidito dal peso sempre maggiore del capo degli Irriducibili.