L’Esquilino cambia volto: i cinesi lasciano il rione ai bengalesi
Nell strade del quartiere Esquilino di Roma, da settimane l'aria è cambiata. I negozi di pelletteria, i casalinghi e le cartolerie hanno chiuso i battenti da qualche giorno per lasciar il posto a una cordata di minimarket di nuova gestione. La Chinatown della capitale sta lentamente cambiando volto: qua e là si vedono spuntare minimarket e altri esercizi commerciali che prendono il posto delle vecchie boutique. "Molti di noi stanno chiudendo, è vero – racconta a Repubblica Franco, un cittadino cinese Italia da 20 anni e da sette titolare del negozio di borse al civico 12 – Nei mesi scorsi hanno chiuso due negozi su questa strada: il casalinghi e la cartoleria. I proprietari sono andati altrove". "Non capisco come facciano ad aprire tanti bazar, qui gli affitti sono alti, anche per questo i cinesi hanno chiuso – osserva Antonio De Petris, romano di 48 anni, dipendente di un negozio di recente apertura- Il mio titolare è bengalese, avevo bisogno e ora lavoro per lui".
Non è il cambio di titolarità delle attività commerciali la vera novità nel quartiere, quanto la scomparsa di tutti i negozi di abbigliamento e accessori – penalizzati da una delibera che disciplina l'apertura di boutique, pensata per arginare il fenomeno dei negozi di vestiario cinesi a basso costo – in favore di salumerie e alimentari che perlopiù, però, vendono alcolici. "Stiamo assistendo all'invasione dei minimarket bengalesi – denuncia Stefania Di Serio, presidente della commissione Commercio del I municipi – Del resto, il quartiere non è mai rientrato nella mappa delle strade toccate dall'ordinanza anti-alcol. Adesso fanno affari con la birra, mentre chi vorrebbe avviare attività legate alla moda è costretto a scontrarsi con i vincoli della vecchia delibera 10 del 2009". Scalzati dai commercianti bengalesi ora i vecchi titolari dei negozi cinesi stanno migrando verso altri quartieri. Nuova meta, il rione Testaccio.