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Luca Varani uciso da Manuel Foffo e Marco Prato

Il papà di Luca Varani: “Non è stata fatta giustizia, serviva l’ergastolo”

Ad assistere alla pièce treatrale L’Effetto che fa, liberamente ispirata all’omicidio di Luca Varani, c’era anche il padre del ragazzo ucciso da Manuel Foffo e Marco Prato. Ai microfoni di Fanpage.it, Giuseppe Varani ha dichiarato: “Vorrei che Luca venga ricordato. Non è stata fatta giustizia e speriamo che in Cassazione ci pensino a questo”.
A cura di Enrico Tata
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Luca Varani
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"Nel vedere questo spettacolo ho ripercorso quei momenti, il momento in cui sono venuti a dirmelo, dall'inizio fino all'ultimo minuto di tutta la storia. È tosta, non c'è un momento in cui non ci pensi". Ad assistere alla pièce treatrale L'Effetto che fa, liberamente ispirata all'omicidio di Luca Varani, c'era anche il padre del ragazzo ucciso da Manuel Foffo e Marco Prato. Ai microfoni di Fanpage.it, Giuseppe Varani ha voluto evidenziare quanto sia importante continuare a ricordare Luca e continuare a chiedere giustizia per la sua morte: "Vorrei che Luca venga ricordato. Non è stata fatta giustizia e speriamo che in Cassazione ci pensino a questo. Non è stata fatta giustizia su Luca Varani con il massacro che è stato fatto. Una cosa scandalosa: due persone che uccidono un ragazzo, lo cercano per gusto loro di uccidere. Come si fa a dare trent'anni di condanna? Che poi non sono 30 anni perché ci sono gli sconti. Hanno evitato l'ergastolo, hanno evitato la premeditazione. Perché? Domanda: Perchè?".

Marco Prato e Manuel Foffo

Marco Prato, che insieme a Manuel Fotto, uccise Luca Varani con cento tra martellate e coltellate al termine di un festino a base di droga e sesso durato una notte intera, è morto suicida in carcere. Foffo, invece, è stato condannato in appello a 30 anni di reclusione per omicidio volontario, ma non premeditato. In primo grado era stato condannato sempre a 30 anni. Foffo e Prato, secondo i giudici della corte d'Assise d'appello, hanno scelto di uccidere Varani e di infliggergli quanto più dolore possibile in "un esercizio atrocemente compiaciuto e ripetuto di violenza sadica", messo in atto "da una coppia di individui impegnati a portare a termine un disegno perverso che prevedeva il raggiungimento del piacere personale attraverso l'inflizione di sofferenza a una vittima". "Nelle ore immediatamente successive al delitto ha intrattenuto intimità non lontano dal cadavere, si è riposato e ha posto in essere un'attiva di depistaggio, disfacendosi degli abiti e del telefono cellulare della vittima", si legge nelle motivazioni della sentenza depositate dalla corte.

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