Desirée doveva andare in comunità, ma il giudice disse no tre giorni prima la morte
Desirée Mariottini, la 16enne violentata da un gruppo di pusher, che prima l'hanno drogata e poi lasciata morire in uno stabile abbandonato a San Lorenzo, si sarebbe dovuta trovare in una comunità di recupero per minori con problemi di tossicodipendenza. A chiederlo la procura minorile, su indicazione dei servizi sociali di Cisterna di Latina, e con l'assenso della famiglia. A rivelarlo è oggi il Corriere della Sera, che ricostruisce come, solo tre giorni prima della morte, il giudice del tribunale dei Minori ha rifiutato il collocamento coatto in comunità. All'inizio dello scorso ottobre Desirée era stata fermata in possesso di alcune pasticche di Rivotril, uno psicofarmaco usato come stupefacente, con il relativo invito a entrare in un centro di recupero. Una scelta però che Desirée, salvo una scelta del giudice, avrebbe dovuto compiere volontariamente. "Siamo stati noi stessi a rivolgerci ai servizi sociali. Abbiamo chiesto aiuto a chi doveva darci una mano, ma evidentemente non è servito", aveva dichiarato la mamma della 16enne.
Intanto gli inquirenti continuano a ricostruire cosa sia accaduto in quelle 12 ore all'interno dello stabile di via dei Lucani, dove la ragazza sarebbe giunta proprio in cerca di stupefacenti. L'esame tossicologico ha fatto emergere come, al momento della morte, aveva assunto eroina, cocaina, cannabinoidi e un potente psicofarmaco probabilmente sciolto nel vino. Un mix letale, che sarebbe stata indotta ad assumere secondo l'accusa dai suoi aguzzini, che avrebbero poi abusato di lei quando era in stato di semi incoscienza. Gli inquirenti hanno ascoltato diverse persone che hanno incontrato Desirée prima della sua morte: frequentatori del covo di pusher e tossicodipendenti che hanno condiviso gli ultimi giorni di vita della 16enne. L'obiettivo è ricostruire le esatte responsabilità dei quattro uomini arrestati, e capire se vi siano altre persone coinvolte.