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Demolito il villino storico per far spazio a una palazzina di lusso. Si poteva salvare?

L’edificio che sorgeva in via Ticino 3 a Roma, a pochi passi dai villini liberty del Coppedè, farà spazio a una modernissima palazzina di lusso di cinque piani con sette appartamenti con terrazzino, quindici box auto e sette cantine.
A cura di Enrico Tata
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Il villino del Conte Naselli, costruito nel 1930, è stato completamente abbattuto dalle ruspe. L'edificio che sorgeva in via Ticino 3 a Roma, a pochi passi dai villini liberty del Coppedè, farà spazio a una modernissima palazzina di lusso di cinque piani con sette appartamenti con terrazzino, quindici box auto e sette cantine. Il villino Naselli, un tempo di proprietà anche di una confraternita di suore, non era vincolato dalla sovrintendenza capitolina e quindi i costruttori privati hanno potuto procedere alla sua demolizione.

L'associazione Italia Nostra e il critico d'arte Vittorio Sgarbi hanno protestato e chiesto spiegazioni al Campidoglio, che ha così risposto: "Si precisa che il Comune di Roma ha esclusivamente il compito di rilasciare il permesso di costruire da parte degli uffici, avvenuto a marzo del 2017, dopo aver recepito l’intera documentazione necessaria. In particolare è stato recepito: il parere del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo in data dicembre 2014 con cui si attesta che la palazzina in questione non riveste interesse artistico e storico richiesto dalla norma di tutela; il parere della Soprintendenza Archeologica datato marzo 2015 recante il nulla osta alla realizzazione di scavi per realizzazione di piani interrati; il parere favorevole della Regione Lazio in data novembre 2015. A gennaio del 2016 la Conferenza dei Servizi si è quindi conclusa con esito favorevole”.

Il parere dell'ex assessore Morassut: "Il Comune poteva salvarlo"

Secondo l'ex assessore all'urbanistica del Comune di Roma e attuale deputato del Partito democratico, Roberto Morassut, il Comune avrebbe potuto salvare il villino storico dalla distruzione.  Secondo Morassut il quartiere Coppedè "rientra in un particolare tessuto della Città storica nel quale sono senz'altro consentiti interventi di demolizione e ricostruzione". Tuttavia, spiega l'ex assessore di Veltroni, le norme obbligano il Comune a impegnarsi "a fornire indirizzi alla progettazione del nuovo intervento che tenga conto del contesto, della morfologia esistente e caratterizzante della zona. Anche con un parere della sovrintendenza comunale ( non statale ) che si deve esprimere in casi come questo. Quell'edificio è peraltro rappresentato fotograficamente proporlo alla pagina 68 dell'elaborato G2 della Carta della Qualità. La mia domanda è: ammesso che non vi sia un vincolo statale perché il Comune non ha sviluppato la procedura prevista per guidare l'intervento in una direzione più compatibile? Non e vero che nulla si poteva fare. Tra l'ossificazione della città e interventi avventurosi c'è un grande spazio di governo. Che è quello previsto dalle norme del Prg e che l'amministrazione per sciatteria non ha percorso. Si poteva chiedere al promotore ( sulla base degli indirizzi stabiliti dalle norme ) di fare un concorso di progettazione privato. C'è stato un parere della sovrintendenza comunale ? Non si sa".

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