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Da disabili a “Insuperabili”: a Roma il calcio dribbla invalidità e pregiudizi

Da qualche anno a Roma è arrivato il progetto degli “Insuperabili”, che unisce in un campo di calcio ragazzi affetti da varie patologie. Ognuno sceglie il proprio ruolo, quello che lo fa stare meglio e lo fa divertire di più. Tra allenamenti e partite nascono grandi storie, come quella del portiere dalle 4000 partite.
A cura di Tommaso Franchi
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In campo sorridono, si cercano e si guardano più volte negli occhi. Sanno che in quel prato verde, per poche ore, saranno abbattuti i pregiudizi. Corrono spensierati da una fascia all'altra, sentendosi invincibili, o meglio, Insuperabili. Con questo nome qualche anno fa, nel 2011, nacque un progetto a Torino che poi abbracciò tutta la Penisola, arrivando a Roma. L'obiettivo era quello di dare la possibilità a ragazzi affetti da varie disabilità di realizzarsi nel mondo attraverso lo sport, in particolare il calcio. Un obiettivo raggiunto con un programma che – si legge dal sito degli Insuperabili – "crede fortemente che i modelli, i progetti di calcio moderni debbano rispettare i nuovi stili di vita, di gioco e di apprendimento dei giovani che praticano calcio". Un fenomeno che coinvolge ragazzi disabili di tutta Italia e, da qualche tempo, anche i romani. L'Academy capitolina oggi conta 32 atleti, divisi in base alle loro capacità. Tra allenamenti di varia intensità ognuno sceglie il proprio ruolo, quello che lo fa stare meglio e lo fa sentire realizzato. Si passano la palla più volte, senza pensare a quante patologie fisiche, motorie o intellettive abbiano. Crescono insieme con un sistema che rompe le barriere grazie allo sport e all'unione di intenti. In testa hanno un solo obiettivo: allenarsi per vincere.

Il campo azzera le differenze

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Il prato verde cancella le distanze e le disabilità, rendendo i ragazzi un tutt'uno con il mondo che li circonda. "Si sentono integrati in una società che li considera poco", cii spiega Maria Iole Volpi, una delle allenatrici dell'Academy di Roma. "I ragazzi – dice la Volpi – si sentono normali, perché sono normali. Possono dire che fanno qualcosa con la squadra e avvertono seriamente l'impegno. Noi gli chiediamo sforzi e loro ce li restituiscono". Gli stessi sforzi hanno portato Roberto Bressan, uno dei calciatori simbolo di questo progetto, a raggiungere le 4000 presenze in campo tra amichevoli e partite di tornei amatoriali. Il suo ruolo è quello del portiere, un ruolo solitario, ma Roberto in campo si sente in sinergia con i suoi compagni. "Da quando frequento il calcio disabile – ci dice Bressan – la mia vita è cambiata. Mi ha dato la scossa per affrontare le problematiche lontano da casa. Oggi, al mio quinto anno con gli Insuperabili, posso dire che ho imparato i valori della vita". I ragazzi non sentono le distanze tra di loro, da chi calcia il pallone le prime volte a chi è già un veterano. Roma, aderendo al progetto di Torino, scrive una bella pagina della sua storia sportiva, donando un sorriso a dei ragazzi che per qualche ora si sentono come il Real Madrid di Zidane e i Golden State di Curry: invincibili. O, meglio, Insuperabili.

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