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Le piattaforme di food delivery aumentano la commissione: “Se ne approfittano”

Dopo la chiusure delle attività di ristorazione il food delivery è l’unica opzione per i ristornati che resistono. Le consegne a domicilio crescono del 30-40% ma le piattaforme provano a guadagnare di più aumentano le commissioni fino al 40% a carico dei ristoranti, come segnalato da alcuni ristoranti. Fipe Confcommercio conferma e invita i ristoratori a non cedere: “Un ricatto inaccettabile”. I rider: “Lavoriamo senza protezioni individuali”.
A cura di Sarah Gainsforth
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Manifestazione dei riders
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Le piattaforme del food delivery stanno provando ad aumentare le commissioni a carico dei ristoranti che hanno scelto di continuare l’attività con la consegna a domicilio, visto che l‘emergenza coronavirus ha imposto la chiusura per limitare il contagio. Luciano Sbraga, vice direttore di Fipe Confcommercio e direttore del centro studi di Fipe, conferma quanto segnalato da alcuni ristoratori romani. «Ci stanno provando: alcune piattaforme stanno tentando di alzare la commissione al 40%, quasi la metà del guadagno delle attività che stanno resistendo in questa situazione. Le piattaforme provano ad approfittarsene». Il Fipe ha accertato il tentativo di alcune piattaforme che operano a livello locale ma, afferma Sbraga, il tentativo potrebbe ben riguardare tutte le piattaforme, a livello nazionale: «Molti ristoratori stanno decidendo di non accettare le nuove condizioni. Il nostro invito è a non accettare l’aumento della commissione ed eventualmente disdire il contratto».

"Le commissioni per il servizio di delivery pagate dai ristoranti – che possono variare dal 20 al 35% – sono già alte", sottolinea Sbraga. Di più, la percentuale non varia in base all’importo. «Se la commissione è del 30% e faccio un ordine da 10 euro, la commissione sarà di 3 euro; se ordino una cena completa per 50 euro, darò ben 15 euro alla piattaforma a parità di servizio: la logistica non cambia da un ordine all’altro, e i rider di certo non guadagnano di più. Da tempo diciamo che questo aspetto va rivisto introducendo commissioni progressive».

Effettuare consegne a domicilio è rimasta l’unica opzione percorribile per le attività di ristorazione dopo i decreti, l’ultimo dell’11 marzo, che ordinano la chiusura delle attività di ristorazione fino al 25 marzo. E se il settore della ristorazione è uno dei più colpiti quello del food delivery, della consegna del cibo a domicilio, a Roma cresce in questi giorni a ritmi del 30-40% secondo Fipe-Commercio. Ma a quanto pare non basta, e le piattaforme provano a speculare.

Molti esercenti hanno scelto di continuare l’attività al minimo, con le consegne a domicilio, anche per non buttare le materie prime recentemente acquistate. «Il decreto è arrivato da un giorno all’altro, e non tutti i prodotti si possono congelare. Molti hanno scelto di proseguire anche per garantire lo stipendio almeno ad alcuni dipendenti» spiega Sbraga.

Elisabetta, che gestisce il ristorante Pro Loco a Trastevere, conferma: «Abbiamo deciso di proseguire l’attività con le consegne a domicilio per salvaguardare i dipendenti, per non buttare il prodotto, e anche per dare un segnale al quartiere, con cui lavoriamo molto. Ma è durissima. Di più, oltre all’emergenza coronavirus ci si sono messi pure i vigili urbani». Nei giorni successivi alla pubblicazione del decreto, infatti, sono molti gli esercizi che hanno ricevuto la visita della polizia municipale che, erroneamente, ha ordinato la chiusura delle attività che stavano lavorando con consegne a domicilio. Per Elisabetta la visita dei vigili è stata “devastante”. «La porta era socchiusa per permettere l’ingresso dei rider. Sono entrati quattro vigili, la comandante non si è voluta identificare e mi ha urlato “io vi metto i sigilli, io vi faccio chiudere per sempre!”. Il cuoco è letteralmente fuggito. Non capisco questo accanimento, soprattutto in un momento  in cui tutti dovremmo collaborare. E adesso ci si mettono pure le piattaforme di delivery». Elisabetta vorrebbe riaprire ma dopo l'esperienza con la municipale ha preso qualche giorno di pausa.

Intanto i rider invitano i consumatori a non ordinare e denunciano l’assenza di tutele per l’ultimo anello di una catena che, di fatto, assume tutti i rischi d'impresa: i rider lavorano senza dispositivi di protezione sanitaria, «paghe da fame e nessun contratto, sotto il ricatto del cottimo e dei meccanismi reputazionali (il ranking e il rating online)», scrive Deliverance Milano. Loro, insiema a Riders Union Bologna e Roma, Riders per Napoli – Pirate Union, hanno incrociate le braccia perché «le indicazioni di sicurezza fornite dal Governo non sono possibili da rispettare per le app del food delivery». I rider chiedono lo stop del servizio e l’accesso agli ammortizzatori sociali e scrivono «la salute è un diritto, anche noi vogliamo esercitarlo, stando a casa come gli altri: per questo pretendiamo reddito, tutele e garanzie per tutti».

La replica di Assodelivery a Fanpage.it

Assodelivery, l’associazione di categoria che riunisce le maggiori aziende di food delivery in Italia, in merito a presunti incrementi di commissioni ai ristoranti per il servizio a domicilio.

“Nessuna piattaforma aderente ad Assodelivery (Deliveroo, Glovo, Just Eat, Social Food e Uber Eats) ha aumentato i costi di commissione, in un momento delicato come quello che sta vivendo il settore della ristorazione a causa del Coronavirus. Le aziende aderenti ad Assodelivery hanno adottato, al contrario, scelte completamente diverse, che vanno incontro alle esigenze dei ristoranti, anche con attività di marketing e comunicazione ai clienti sulle nuove modalità di consegna contactless, proprio per sostenere il mondo della ristorazione in una fase così complessa”, si legge nella nota dell’associazione che riunisce le principali piattaforme dell’online food delivery (a cui aderiscono Deliveroo, Glovo, Just Eat, Social Food e Uber Eats).

“Ai ristoranti che forniscono il servizio di consegna a domicilio – aggiunge l’associazione – sono state dedicate anche attività di comunicazione relative sia alle buone pratiche da adottare, definite nelle linee guida messe a punto da Assodelivery e FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), in linea con le disposizioni delle autorità sanitarie, sia alle nuove modalità di consegna rispettando le distanze e “senza contatto”, così da garantire la massima sicurezza a ristoranti, rider e clienti. Smentiamo dunque categoricamente che queste iniziative siano riconducibili alle piattaforme aderenti ad Assodelivery e chiediamo, qualora la notizia fosse confermata, che vengano riportati i nomi delle aziende che stanno adottando tali comportamenti speculativi”.

Per quanto riguarda le protezioni individuali l'associazione di categoria spiega di aver "iniziato a distribuire ai rider che operano con le piattaforme aderenti delle mascherine per aiutare a coloro che non sono riusciti a trovare autonomamente questi dispositivi attraverso i canali di distribuzione tradizionali. E’ un’iniziativa aggiuntiva a quanto previsto dalla normativa, sviluppata in un’ottica di responsabilità sociale, attraverso cui vogliamo assicurare ulteriori misure protettive e preventive per la sicurezza dei rider e dei consumatori, nella gestione delle consegne del cibo. Vogliamo fare la nostra parte, in un momento in cui è molto complicato reperire questo tipo di materiale".

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