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Condannati 4 boss del clan Cordaro: gestivano la piazza di spaccio a Tor Bella Monaca

Salvatore Cordaro e Valentino Iuliano, ritenuti due capi del clan Cordaro, dovranno scontare rispettivamente una condanna a 26 anni e 9 mesi e a 26 anni di reclusione in carcere. Dodici anni e mezzo per l’avvocato Alessandro Petrucci e 12 anni per Mauro Montali.
A cura di Enrico Tata
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Quattro boss del clan Cordaro sono stati condannati ieri dai giudici della quarta sezione del Tribunale di Roma. I due capi dell'organizzazione, Salvatore Cordaro e Valentino Iuliano, dovranno scontare rispettivamente una condanna a 26 anni e 9 mesi e a 26 anni di reclusione in carcere. Dodici anni e mezzo per l'avvocato Alessandro Petrucci e 12 anni per Mauro Montali. Erano accusati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione di armi, anche da guerra, riciclaggio. Nel corso delle indagini sono stati trovati all'interno di un bunker segreto armi e munizioni da guerra, tra cui un Ak-47, un fucile a pompa e cinque pistole. Là venivano inoltre fatti i conti del clan, un giro di affari da 120mila euro al mese, proventi del traffico di droga e della gestione dello spaccio a Tor Bella Monaca. Soldi che venivano poi reinvestiti per acquistare negozi e strutture commerciali e anche una squadra di calcio in Sardegna.

Il murales con il volto del boss che la sindaca fece rimuovere

La piazza di spaccio di Tor Bella Monaca, gestita dai Cordaro, viene controllata costantemente con una fitta rete di vedette e impianti di sorveglianza in modo da contrastare eventuali blitz delle forze dell'ordine. Tutti gli affiliati al clan Cordaro, si legge sul IV Rapporto sulle Mafie nel Lazio, hanno disegnato sul corpo il tatuaggio di Serafino Cordaro, assassinato il 2 febbraio del 2013. Il suo volto era rappresentato sulle mura di Tor Bella Monaca (in foto sopra) con un enorme murales che doveva ricordare a tutti i residenti il potere del clan Cordaro nel quartiere. Nel 2018 la sindaca Virginia Raggi fece cancellare il murales.

"Perché ci preoccupiamo tanto del murales? Il murales non mi preoccupa particolarmente in sé e per sé, ma mi preoccupa per quello che rappresenta, ovvero una dimostrazione del profilo identitario di questo gruppo. Il fatto che questo murales sia ancora lì  e nessuno si sia sentito in dovere di rimuoverlo rappresenta per questo gruppo motivo di grandissimo prestigio criminale, un prestigio che viene speso sul piano dei rapporti generali", dichiarò mesi prima  l'allora procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino.

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