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Comunali Roma, Giachetti a caccia dei voti di Fassina. E a sinistra è tutti contro tutti

Ora il Partito democratico va a caccia dei voti di Stefano Fassina, escluso dalle competizione elettorale romana. Un “tesoretto” di voti che potrebbe essere indispensabile in chiave ballottaggio per Roberto Giachetti. E intanto dentro la nascente Sinistra Italiana è scontro di tutti contro tutti, tra sospetti di accordi sotto banco e accuse reciproche.
A cura di Valerio Renzi
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Stefano Fassina e la nascente Sinistra Italiana sono appesi all'ultima flebile speranza. Dopo l'esclusione delle liste per le prossime elezioni comunali a Roma e la bocciatura del ricorso al Tar del Lazio, si attende il pronunciamento del Consiglio di Stato che potrebbe arrivare già oggi. Ma intanto dalle parti del comitato elettorale di Roberto Giachetti ci si comincia a interrogare come attrarre quel tesoretto di voti orfani di una candidatura di sinistra, stimati in circa il 6% dei consensi. Attrarre gli elettori della sinistra-sinistra, per fare in modo che non finiscano per rafforzare in ordine sparso Virginia Raggi o nel calderone dell'astensione. Punti percentuali che potrebbero essere vitali per arrivare al ballottaggio.

La prova del nove sarà il prossimo 21 maggio, data per la quale il candidato del Pd ha annunciato la presentazione della sua squadra di governo. In queste ore si starebbe lavorando alla disponibilità di nomi graditi a sinistra ma di ambito democratico. Nessun accordo a carte scoperte quindi, ma un avances a malapena dissimulata. I nomi che circolano sono sempre gli stessi: Fabrizio Barca, Massimo Bray e Walter Tocci. Le stesse personalità sondate negli scorsi mesi per verificare la disponibilità a farsi portavoce di un progetto alternativo al Pd di Renzi e aperto a sinistra. Estremo tentativo di salvare lo schema del centrosinistra nella capitale.

E mentre si rincorrono i retroscena di incontri segreti e trattative, a sinistra volano gli stracci. Da una parte l'area di Sel che si raccoglie attorno al vicepresidente della Regione Lazio Massimiliano Smerigilio, accusati neanche tanto velatamente di aver lavorato contro la candidatura di Stefano Fassina. Il candidato "precario", come si è autodefinito, ha dichiarato dalle colonne del Corriere della Sera: "Certo è che, quando ci sono problemi organizzativi, la ragione di fondo è sempre politica". E il riferimento è "al nucleo fondativo, a tutti quelli che hanno dato vita al progetto. Dovremo fare un radicale cambiamento. Non si può portare avanti la fase costituente quando il nucleo fondativo ha opzioni contraddittorie". Fassina punta l'indice proprio contro gli "smerigliani", accusati di non voler chiudere la pagina dell'alleanza con il Partito democratico e insofferenti verso la candidatura dell'ex esponente dem.

A Fassina risponde Gianluca Peciola, ex capogruppo di Sel in Campidoglio, che parla di "parole offensive", verso "una comunità politica e umana che ha espresso molta generosità nei suoi confronti". "Ciò che non emerge dalle sue parole, è la gravità dell'accaduto – attacca Peciola – la gravità della mancata rappresentanza di migliaia di cittadini e delle loro istanze e bisogni. Ecco, di fronte a questo disastro nessuno di noi se la può cavare scaricando le responsabilità su altre forze politiche o sulla comunità di Sel; una comunità che è sempre stata capace di aggregare consensi significativi in città, di stare dentro i conflitti e animare importanti esperienze di governo locale. Tutte capacità, queste, che hanno tra le premesse, saper presentare le liste".

E ora proprio la corrente di Sel di Peciola e Smeriglio viene accusata di star trattando con i democratici per far confluire i voti su Giachetti, almeno per il secondo turno. Ufficialmente no comment, si evita la rissa, ma chi lavora dietro le quinte smentisce categoricamente: "Fassina dopo il disastro delle firme vuole giocarsi una partita nazionale per la leadership dentro Sinistra Italiana. Ma non basta mettere insieme i cocci della sinistra radicale per battere il Pd di Renzi a Roma e nel paese. Ora fare questo gioco mentre ancora è in ballo il ricorso al Consiglio di Stato è francamente incomprensibile".

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