Comunali Roma, Smeriglio (Sel): “La città ha bisogno di normalità e buona amministrazione”
Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della Regione Lazio di Sinistra Ecologia e Libertà, ha una lunga esperienza come amministratore a Roma: partito dal municipio della Garbatella è arrivato alla provincia di Roma, sempre al fianco di Nicola Zingaretti, e ora è uno degli esponenti di maggior rilievo del partito di Vendola. Con lui abbiamo discusso delle prossime elezioni amministrative a Roma, della fine della giunta di Ignazio Marino e dell'esperienza di centrosinistra nella capitale, ma anche della ricetta per cambiare la città proposta da chi ha deciso di correre alla sinistra di Roberto Giachetti.
Abbiamo assistito a un lungo balletto di nomi e ipotesi a sinistra del Pd, alla fine è rimasto in campo il nome di Stefano Fassina. È il nome giusto?
La candidatura di Stefano è nata come disponibilità diversi mesi fa per vedere se ci fossero in città, ambiti, situazioni e personalità con cui condividere un cammino. Tentativo di allargamento che abbiamo provato fino in fondo dialogando con tutti dalle realtà sociali a esponenti di ambito democratico, come Walter Tocci, lo stesso Marino, ma anche Massimo Bray e Fabrizio Barca. Tutte queste relazioni hanno determinato uno scambio importante sul piano del programma e della cultura politica, ma alla fine abbiamo registrato l'indisponibilità a misurarsi in un processo politico. Quindi da disponibilità è stato naturale che quella di Stefano Fassina diventasse una candidatura vera e propria, l'unica con peso e credibilità a sinistra del Partito democratico. Con il tempo, parlando di programma e attraversando la città la candidatura di Stefano sta crescendo e affermandosi, come ci mostrano i sondaggi.
Ricopri il ruolo di vicepresidente della Regione Lazio, come giudichi le pesanti critiche di Marino a Zingaretti contenute nel libro dell'ex sindaco?
Fortunatamente sto leggendo "Il Cartello" di Don Winslow, che mi sembra un libro molto interessante. Non ho avuto modo di leggere il libro di Marino. Abbiamo cercato una relazione politica con Ignazio Marino, fino all'ultimo e continuiamo a cercarla. Quello che ci appare interessante è il Marino che può dare un contributo importante alla sinistra romana, sono meno appassionato al Marino scrittore sinceramente.
Quali sono le emergenze per Roma che un programma di sinistra si propone di risolvere da subito?
Io penso che Roma abbia bisogno di riconquistare una normalità e una tranquillità di fondo. Quello che è venuto meno in questi mesi è l'ordinaria amministrazione di buon senso. Capitano cose incredibili: sfratti e sgomberi, di associazioni di volontariato o che si occupano di malati gravi, o di spazi dell'autogestione che svolgono una funzione fondamentale nel tessuto sociale dei quartieri, in particolare quelli periferici, penso ad esempio agli ultimi spazi che hanno ricevuto la lettera di sgombero come la Palestra Popolare di San Lorenzo o il Che ‘ntro sociale di Tor Bella Monaca.
A Roma cosa serve allora…
Serve appunto ordinarietà: un meccanismo amministrativo di prossimità che a che fare con i quartieri, con il parco sotto casa, con la vivibilità delle strade. A Roma manca questo tutto è un'emergenza e intanto sprofonda. La città ha bisogno di cura, di manutenzione quotidiana, di piccole opere quotidiane. Superata questa fase, riconquistata la normalità, potremmo tornare a parlare di "visione" di "grandi scenari", che una città come Roma meriterebbe. Ma adesso dobbiamo prima di tutto ricostruire un patto sociale con i cittadini, e questo si fa solo con un'amministrazione che sta nei quartieri periferici, che asfalta le strade, che pulisce e per questo è credibile. Il cambiamento deve ripartire dalle piccole cose quotidiane.
Ma le casse di Roma Capitale sono vuote. Non c'è un problema di risorse per fare tutto ciò?
C'è un problema gigantesco di riforme, ma anche di assetto istituzionale. L'ultimo atto di timido riformismo amministrativo porta la data del gennaio 2001, uno degli ultimi atti di Rutelli. Poi non è successo più nulla. I municipi ad esempio sono una straordinaria esperienza di partecipazione e di governo di prossimità, ma lasciati a se stessi, senza potere e risorse. Serve una nuova iniziativa legislativa nazionale, con leggi più forti e più soldi, ma i candidati sindaco devono avere il coraggio di dire che ai municipi serve un'autonomia amministrativa e di bilancio trasformandoli in comuni metropolitani.