Cinquina, intitolata scuola a Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia uccisa dalla ‘ndrangheta

La scuola primaria dell'istituto comprensivo Uruguay che si trova a Cinquina, alla periferia di Roma, è stata intitolata a Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia italiana e vittima della ‘ndrangheta. L'inaugurazione è stata fatta oggi e la targa scoperta tra gli applausi generali. "Da adesso la scuola di cinquina prende il nome di Lea Garofalo, una donna esempio di coraggio di generosità e di lotta per la giustizia – ha scritto su Facebook Claudia Pratelli, assessora nel III Municipio ai servizi educativi, alla scuola, allo sport, alle pari opportunità, ai diritti civili e alla partecipazione – È un momento straordinariamente importante per la scuola e per tutto il nostro municipio. È un tassello nella memoria collettiva ed è un monito: la lotta alle mafie ci riguarda tutti e ha bisogno delle scuole. È da qui che si cambia la storia".
Chi era Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia uccisa dalla ‘ndrangheta
Lea Garofalo era la compagna di Carlo Cosco. Entrambi appartenevano a due tra i clan più in vista della ‘ndrangheta, ma dopo l'omicidio del fratello Floriano, Lea ha iniziato a collaborare con la giustizia, dando informazioni sulle attività delle varie famiglie durante il processo. Dell'omicidio di suo fratello Floriano Garofalo ha accusato il cognato Giuseppe e l'ex convivente Carlo Cosco. Per le sue ammissioni, nel 2002 è stata inserita insieme alla figlia Denise nel programma di protezione testimoni dal quale è stata però fatta uscire nel 2006 perché considerata poco attendibile. Nel 2007 è riuscita a entrare di nuovo nel programma, ma in seguito ha deciso di uscirne di sua spontanea volontà. È stata uccisa nel 2009 da Carlo Cosco, che l'ha prelevata a Milano a pochi passi da Corso Sempione. Le ha tolto la vita insieme ad altri uomini in un appartamento e il suo corpo è stato dato alle fiamme per tre giorni. Solo qualche anno sono stati ritrovati dei frammenti ossei nel quartiere di San Fruttuoso, alle porte di Monza. Tutti e quattro i suoi assassini, Carlo e Vito Cosco, Rosario Curcio e Massimo Sabatino sono stati condannati all'ergastolo, pena confermata anche dalla Cassazione.