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Centri massaggi a luci rosse: sfruttate donne italiane e dell’Est Europa

Centri massaggi a luci rosse: arrestati cinque italiani residenti a Pomezia per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. In due appartamenti avevano organizzato centri benessere che nascondevano delle vere e proprie case chiuse dove venivano impiegate donne provenienti dall’Est Europa e italiane, he si prostituivano spesso all’insaputa delle famiglie.
A cura di Redazione Roma
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Un fenomeno quello dei centri massaggi che nascondono in realtà delle vere e proprie case chiuse ormai endemico, e che coinvolge soprattutto donne proveniente dall'Est Europa e dall'Asia, ma anche sempre più italiane. Questa mattina i carabinieri hanno eseguito un ordine di custodia cautelare, emesso dal gip del Tribunale di Velletri, ai danni di cinque cittadini italiani tutti residenti a Pomezia. Si tratta di quattro uomini e di una donna, tutti accusati dei reati di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione e tradotti nel carcere di Velletri.

All'interno di due appartamenti avevano organizzato dei centri benessere che celavano luoghi di sfruttamento della prostituzione, dove erano impiegate giovani donne, sia italiane che dell’est Europa, anche sposate che sbarcavano il lunario prostituendosi all'insaputa delle famiglie. Le donne ricevevano solo una parte degli introiti della loro attività, il resto veniva trattenuto dall'organizzazione, che si occupava della gestione degli appartamenti, degli appuntamenti e di trovare la clientela.

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"L’indagine ha permesso di dimostrare l’attività di sfruttamento della prostituzione per i gestori dei centri massaggi, due uomini di 42 e 32 anni entrambi residenti a Pomezia che sono stati tradotti presso il carcere di Velletri, gli stessi si facevano consegnare dalle giovani donne il 60% di quello che veniva da loro guadagnato ed organizzavano la loro attività.  – si legge in una nota – Gli altri tre arrestati invece, due uomini di 50 e 65 anni ed una donna di 41 anni, favorivano l’attività di prostituzione delle giovani, portando nelle abitazioni quello di cui avevano bisogno e gestendo gli appuntamenti e la contabilità, sono stati portati presso i loro domicili in regime di arresti domiciliari".

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