Carabiniere ucciso, Brugiatelli: “Americani mi minacciarono: ‘Sappiamo dove abiti'”
Perché Sergio Brugiatelli si è preoccupato così tanto del contenuto del suo borsello rubato da Finnegan Lee Elder e Natale Hjorth? Aveva molti soldi all'interno o c'era dell'altro? Perché non ha aspettato la mattina seguente per sporgere denuncia, come gli avevano consigliato i carabinieri in borghese che aveva incontrato a Trastevere? A queste domande ha risposto il legale di Brugiatelli, l'avvocato Andrea Volpini, che ha ripercorso ai microfoni di Fanpage.it quanto accaduto nelle ore precedenti alla colluttazione tra i due giovani americani e i due carabinieri in seguito alla quale è morto, ucciso con undici coltellate da Finnegan Lee Elder, il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega.
La ricostruzione di Volpini: "I carabinieri in borghese interrompono lo scambio tra gli americani e il pusher. Gli americani scappano verso piazza Mastai e uno dei due si impossessa del borsello che Brugiatelli aveva lasciato su una panchina. Brugiatelli denuncia il fatto e i carabinieri gli rispondono di presentare denuncia il giorno dopo. Lui inizialmente si convince, poi cerca di mettersi in contatto con gli americani telefonando al suo numero di telefono (anch'esso nel borsello). Li chiama e loro lo minacciano: "Non sai con chi hai a che fare, sappiamo dove abiti". Sanno dove abita perché all'interno del borsello ci sono le chiavi di casa e la carta di identità con l'indirizzo di casa. Brugiatelli è preoccupato per i suoi familiari. Quella preoccupazione, quindi, è dovuta al fatto che per lui la priorità è quella di evitare che queste persone possano nella notte entrare a casa sua con i familiari all'interno e all'oscuro di tutto. Per questo chiama la centrale operativa, che manda una volante, che invia degli operanti in borghese, Varriale e Cerciello Rega".
Secondo quanto riferito dai carabinieri che si occupano delle indagini, sarebbe stato Brugiatelli inizialmente a parlare di due magrebini come autori del furto del borsello. L'avvocato Volpini: "Lui si ricorda di aver parlato di ‘persone con accento straniero'. Lui non si ricorda di aver detto questa cosa. Lui è stato ampiamente collaborativo, ha indicato il bancomat dove i due americani avevano prelevato i soldi da dare allo spacciatore. Sotto shock, comprensibilmente aveva paura, ma dopo ha collaborato e ha ricostruito tutto per filo e per segno".