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Camorra, confiscato un impero da 80 milioni a Roma: pizzerie, case e macchine di lusso

I carabinieri hanno confiscato un impero di 80 milioni di euro nella capitale, riconducibile al clan Contini per mezzo di un gruppo di imprenditori. Ventitre i locali commerciali, tra bar, pizzerie e ristoranti del centro storico coinvolti nell’inchiesta.
A cura di Valerio Renzi
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Uno dei locali confiscati in pieno centro
Uno dei locali confiscati in pieno centro

I carabinieri del comando provinciale di Roma hanno eseguito il sequestro di beni per 80 milioni, riconducibili al clan camorristico dei Contini, tramite gli imprenditori Luigi, Antonio e Salvatore Righi e Alfredo Mariotti: Se i primi tre erano stati arrestati nel gennaio del 2014 all'interno dell'operazione "Margarita" con alte 20 persone, mentre nel marzo del 2015 Salvatore e Antonio Righi erano stati raggiunti da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere.

I carabinieri hanno messo i sigilli a 28 esercizi commerciali, come bar, ristoranti e pizzerie, 41 beni immobili, 385 conti correnti, 76 auto, 77 società e 300mila euro in contanti. Un vero e proprio impero che dà il segno di quanto l'economia criminale sia penetrata in profondità nel tessuto della capitale reinvestendo milioni di capitali di provenienza illecita. I beni confiscati erano già stati sottoposti a sequestro preventivo. L'inchiesta diretta dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma ha dimostrato come i Righi e Mariotti avessero costruito le loro fortune, reinvestendo i profitti delle attività illecite del clan Contini, per i quali facevano da amministratori delegati di un impero costruito riciclando denaro per ottenere profitti puliti.

I fratelli Righi punto di riferimento dei clan per investire a Roma

Antonio, Luigi e Salvatore Righi erano partiti da Napoli, dalla pizzeria "Da Ciro" in via Foria a Napoli, per poi trasferirsi negli anni '90 a Roma dove avevano messo su una catena di società proprietaria di pizzerie e locali nel centro storico. Secondo gli inquirenti una parte della fortuna imprenditoriale della famiglia Righi proviene senza dubbio dal ruolo avuto nel sequestro del gioielliere Luigi Presta nel 1983 a Napoli. La rete dei fratelli Righi si reggeva su una fitta tela di prestanome con società fittizie utilizzate per riciclare il denaro sporco della camorra. Non solo i Contini, con il tempo i Righi erano diventati riferimento anche di altri clan per riciclare denaro: da elementi vicini al clan Mazzarella al clan Amato-Pagano.

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