Applausi e lacrime ai funerali di Guglielmo Mollicone: “Avrai giustizia per Serena”
Una folla commossa ha riempito la chiesa e il sagrato della parrocchia dei Santi apostoli Pietro e Paolo ad Arce, per l'ultimo saluto a Guglielmo Mollicone, il papà coraggio, che si è battuto diciannove anni affinché emergesse la verità sulla morte della figlia Serena, uccisa e trovata morta nel bosco dell'Anitrella, in località Fonte Cupa il 1 giugno del 2001 con le mani e i piedi legati con delle fascette e una busta di plastica in testa. "Ciao Guglielmo, avrai giustizia" queste le ultime parole rivolte alla bara dopo la cerimonia celebrata ieri mattina, giornata di lutto cittadino, nella stessa chiesa in cui i carabinieri arrivarono per portarlo via durante le esequie della figlia, perché sospettato, poi prosciolto da ogni accusa, di essere lui il responsabile dell'omicidio.
L'addio di Arce a Guglielmo Mollicone
"Guglielmo è morto ma i famigliari porteranno avanti la sua battaglia, finché non venga fatta giustizia per Serena" ha detto il suo avvocato, Dario De Santis. A rendergli omaggio, oltre ai propri cari e amici, tanti cittadini di Arce con un grande applauso, lacrime e striscioni: "Vogliamo ricordarti com'eri, pensarti che ancora vivi e che ancora sorridi" si legge su un lenzuolo sul quale è stato dipinto un angelo. Tra tutte, toccante una lunga scritta, la voce di Serena che lo chiama a sé: "Papà mi sei mancato, sorridi e abbracciami forte".
Guglielmo Mollicone stava male da tempo
Guglielmo Mollicone è scomparso dopo aver lottato per sei mesi tra la vita e la morte in un letto d'ospedale, proprio alla vigilia dell'anniversario di morte della figlia. A coglierlo di sorpresa un malore improvviso nel mese di novembre, le sue condizioni di salute erano molto gravi. Fino all'ultimo i suoi cari e l'Italia intera che ha seguito le vicissitudini e i depistaggi messi in atto negli anni sul delitto di Arce, hanno sperato che migliorasse e che potesse tornare presto in Aula, per assistere all procedimento penale nei confronti degli imputati: la famiglia dell'allora comandante della caserma dei carabinieri di Arce, Franco Mottola, del maresciallo Vincenzo Quatrale e dell'appuntato Francesco Suprano.