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Al ‘Bambin Gesù’ la terapia genica che dona una speranza ai bimbi ammalati di cancro

La tecnica adottata consente al sistema immunitario (linfociti T) di riconoscere e attaccare il tumore. La terapia genica salva la vita a bambino di 4 anni affetto da leucemia linfoblastica acuta, refrattario alle terapie convenzionali.
A cura di Redazione Roma
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Una buona notizia di quelle che scalda il cuore. All’Ospedale ‘Bambin Gesù' di Roma, un team di ricercatori del Dipartimento di Onco-Ematologia Pediatrica Terapia cellulare e genica che fa capo al prof. Franco Locatelli ha prodotto e sperimentato una rivoluzionaria terapia genica che consente al sistema immunitario (linfociti T) di riconoscere e attaccare il tumore. Il primo paziente italiano ad essere sottoposto a trattamento del genere, è stato un bambino di 4 anni affetto da leucemia linfoblastica acuta e refrattario alle terapie convenzionali. Si tratta del ‘progetto CAR' (Chimeric Antigenic Receptor), un protocollo terapeutico rivoluzionario. A spiegare i dettagli della tecnica e dell'intervento è Biagio De Angelis (nella foto), ingegnere molecolare e ricercatore originario di Roccagloriosa (nel cuore del Cilento, in provincia di Salerno).

Sviluppiamo una terapia genica, basata sulle cellule T, efficace nella cura del tumore in età pediatrica, con effetti tossici minimi rispetto alla chemioterapia convenzionale. Ci occupiamo della progettazione, produzione e caratterizzazione pre-clinica delle cellule geneticamente modificate con il recettore chimerico anti-genico “specifico” sintetizzato in laboratorio. E' l’antenna montata sulla cellula T che gli permette di riconoscere e attaccare il tumore.

Nella leucemia linfoblastica acuta il CAR che abbiamo inserito è il recettore anti-CD19. Il CAR viene progettato, per riconoscere un ben determinato tipo di tumore. Attraverso questo recettore chimerico modifico l’informazione delle cellule T che una volta reinfuse nel paziente si trasformano in “killer” delle cellule neoplastiche presenti nel sangue e midollo fino a eliminarle del tutto.

La domanda sorge spontanea: come sta adesso il piccolo paziente? E' in “remissione” molecolare, come direbbero in gergo. Cosa significa? A spiegarlo è lo stesso De Angelis che precisa l'evoluzione della terapia.

Occorre monitorarlo per mesi, anni, prima di poter dire che sia guarito completamente! Posso dirle che nei suoi primi anni di vita ha vissuto più in Ospedale che tra le mura domestiche; aveva provato di tutto dalla chemioterapia ai trapianti. La terapia genica era la sua ultima spiaggia non aveva più proposte terapeutiche valide. A differenza della chemio e di altri metodi di cura la nostra è una terapia monodose (unica somministrazione) che gli ha restituito la sua vita da bambino e lo ha restituito al suo contesto familiare.

Il “progetto CAR” (Chimeric Antigenic Receptor) è frutto di uno studio accademico supportato da Ministero Sanità, Regione Lazio, AIRC, AIFA, Fondazioni private quali, la Fondazione Neuroblastoma e Associazioni come la Passarelli onlus che ha contribuito in maniera importante al progetto la cui finalità è quella di portare questi “prodotti” dal banco del ricercatore al letto del paziente. Nel Progetto CAR, che fa capo al prof. Franco Locatelli, direttore il Dipartimento di onco-ematologia pediatrica e terapia cellulare genica anche sette ricercatori campani, ecco i loro nomi: la responsabile di Unità Concetta Quintarelli (Avellino), Simona Caruso (Calabritto), Iolanda Boffa (Napoli), Marika Guercio (Laurino), Domenico Orlando (Scafati), Vinicia Assunta Polito (Caserta), Biagio De Angelis di Roccagloriosa.

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