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Vittorio Feltri rinviato a giudizio per il titolo su Virginia Raggi e la ‘patata bollente’

Il direttore di Libero Vittorio Feltri e il direttore responsabile Pietro Senaldi sono stati rinviati a giudizio per diffamazione aggravata nei confronti della sindaca di Roma, Virginia Raggi, e per il titolo a lei dedicato: “Patata bollente. La vita in agrodolce della Raggi”.
A cura di Enrico Tata
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Vittorio Feltri e Virginia Raggi
Vittorio Feltri e Virginia Raggi

Vittorio Feltri, direttore di Libero, e Pietro Senaldi, direttore responsabile dello stesso giornale, sono stati rinviati a giudizio dal gup del tribunale di Catania con l'accusa di diffamazione aggravata dei confronti della sindaca di Roma, Virginia Raggi. Oltre due anni fa un'apertura del quotidiano fu dedicata alla prima cittadina con il titolo "La patata bollente". Sempre in prima pagina c'era un articolo dello stesso Feltri "condito dai più beceri insulti volgari, sessisti rivolti alla mia persona: nessun diritto di cronaca esercitato ne' di critica politica… semplicemente parole vomitevoli", ricorda Raggi. L'occhiello era "la vita in agrodolce della Raggi". Il direttore Senaldi si difese parlando di un "doppio senso, inteso con un’accezione affettuosa”.

Raggi: "Primo importante risultato"

Si tratta di "un primo importante risultato. Non tanto per me, ma per tutte le donne e tutti gli uomini che non si rassegnano a un clima maschilista, a una retorica fatta di insulti o di squallida ironia. E il mio pensiero va a tutti coloro, donne e uomini, che hanno subito violenze favorite proprio da quel clima. Patata bollente e tubero incandescente mi scrivevano..io non dimentico…vediamo come finisce in Tribunale questa vicenda", ha dichiarato la sindaca su Facebook.

Per la deputata romana del Movimento 5 Stelle Angela Salafia, la notizia "è un passo in avanti per il mondo dell'informazione e per tutte le donne, spesso insultate e umiliate su testate nazionali senza alcun rispetto e in barba alle più basilari regole deontologiche. Condanniamo questo tipo di retorica che nulla a che vedere con il diritto di cronaca, che risponde a ben altri nobili principi".

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