"Basta aggressioni da parte dei detenuti, dateci il taser". Questa è in estrema sintesi la richiesta avanzata dai poliziotti penitenziari della Casa Circondariale di Viterbo attraverso una nota ad opera dei sindacalisti del Si.P.Pe. – Sindacato Polizia Penitenziaria, Antonio Muzzi e Felice Maffettone che chiedono a gran voce l’invio di poliziotti penitenziari, un’organizzazione del lavoro più equa e strategica ma, soprattutto, di essere dotati del taser. Il sindacato denuncia una escalation di violenze culminate con "continue aggressioni da parte dei detenuti, l'ultima qualche giorno fa a seguito della quale tre agenti sono finiti in ospedale.". Nei prossimi giorni gli agenti del Mammagialla starebbero organizzando l’astensione dalla mensa e dal servizio bar interno.
Le condizioni del carcere
Il carcere di Viterbo continua ad essere nell'occhio del ciclone ed appare come una vera bomba ad orologeria, dovuta anche al sovraffollamento all'interno della Casa Circondariale (il 31 maggio c'erano 570 detenuti su 431 posti). Negli ultimi mesi i detenuti avevano affidato a delle lettere i loro appelli e le loro grida d'aiuto per la condizione vissuta all'interno del carcere. Pagine e pagine indirizzate all'associazione Antigone, una delle più importanti organizzazioni che si occupano della tutela dei diritti dei carcerati, dove si raccontano di abusi che sarebbero messi in campo dagli agenti di polizia penitenziaria: pestaggi, botte, abusi e angherie. Poi c'è il drammatico capitolo dei suicidi. Il Garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia, è arrivato a descrivere il Mammagialla come un "istituto penitenziario punitivo", un luogo che secondo il nostro ordinamento non dovrebbe esistere.
La risposta di Antigone
E sulla possibilità di introdurre il taser non si è fatta attendere la replica di Antigone. "In carcere meno armi girano meglio è per la vita interna – ci spiega Patrizio Gonnella Presidente di Antigone – L’introduzione della pistola elettrica taser nelle carceri – in spregio al disposto dell’ultimo comma dell’art. 41 dell’ordinamento penitenziario, in base al quale gli agenti in servizio nell’interno degli istituti non possono portare armi se non nei casi eccezionali in cui ciò venga ordinato dal direttore – riporterebbe il carcere ad essere quel luogo violento, conflittuale e non conforme a Costituzione che il nostro Paese ha conosciuto fino a prima della riforma penitenziaria del 1975. Gli episodi cui assistiamo sono frutto di un clima di chiusura che si sta tornando a respirare, insieme al crescere dell'affollamento. La soluzione non è armare gli agenti, ma è quella di riempire di attività la vita dei detenuti. Nelle carceri della provincia di Cosenza stanno ad esempio chiudendo i corsi di scuola secondaria superiore, non ci venga a dire, chi sostiene l'utilizzo del taser, che saranno queste armi a poter compensare all'assenza dell'istruzione".