Vaia (Spallanzani): “Tamponi per chi arriva dai Paesi dove il virus cresce”
Il controllo della temperatura e le autocertificazioni potrebbero non essere sufficienti: chi arriva dai Paesi dove il numero di contagi cresce dovrebbe essere sottoposto anche al tampone nasofaringeo per verificare l'eventuale contagio da Sars-Cov-2. Lo afferma Francesco Vaia, direttore sanitario dell'Inmi Spallanzani di Roma, dopo i casi che sono stati registrati nella Capitale e che riguardano persone rientrate da Paesi extra Schengen. Per Vaia il calo del numero dei contagi in Italia ha portato a una eccessiva rilassatezza da parte dei cittadini, c'è bisogno che ognuno contribuisca per contenere il contagio e questo riguarda chiaramente anche i gestori delle società.
Gli aeroporti, le grandi stazioni, gli stabilimenti balneari, i gestori delle discoteche e dei luoghi di intrattenimento dice Vaia all'agenzia Adnkronos Salute, devono muoversi in sinergia. "Serve una grande attenzione a porti, aeroporti e stazioni – spiega – occorre fare i tamponi a tutti i passeggeri provenienti da Paesi nei quali il virus è in crescita. Non basta la temperatura o l'autocertificazione".
D'Amato: "Affittare un hotel per la quarantena ai turisti"
Il sistema di controllo alle frontiere non funziona, l'alternativa per tenere sotto controllo i flussi potrebbe essere "affittare qualche hotel vicino all'aeroporto di Fiumicino e lì fare trascorrere la quarantena a coloro che entrano in Italia e arriva da Paesi extra UE". Lo ha detto in un'intervista al Messaggero Alessio D'amato, assessore alla Sanità della Regione Lazio, dicendosi "preoccupato" per i controlli alle frontiere. "Per il Lazio – ha spiegato – i problemi principali sono questi cittadini che tornano dal Bangladesh, per questo sta partendo una campagna di tamponi a tappeto destinati a questa comunità. I rappresentanti delle associazioni degli immigrati del Bangladesh ci hanno ringraziato. L'ultimo caso è un ragazzo di 25 anni, stava nel famoso volo via Dubai da Dacca, con cui sono arrivati già numerosi positivi". L'uomo, ha ricordato D'Amato, non si era messo in quarantena una volta rientrato. Nel Lazio i casi "di importazione" sono una quarantina, 31 intercettati soltanto in un giorno.
"Lo strumento dell'isolamento fiduciario non funziona – ha proseguito D'Amato – mettiamoci nei panni di questi ragazzi del Bangladesh: se ne erano andati dall'Italia spaventati dall'epidemia, ora nel loro Paese la situazione è drammatica perché il coronavirus è fuori controllo e, visto che qua spesso hanno lavoro e residenza, fanno l'impossibile per tornare in Italia. Pensiamo davvero, al loro arrivo, che andranno in quarantena in un monolocale da soli? No, probabilmente andranno in appartamenti con altri connazionali che rischiano di contagiare, proveranno a riprendere subito il lavoro perché ne hanno bisogno. Ma lo stesso vale per chi arriva da Brasile, Stati Uniti, Messico, Pakistan. E vale anche per gli italiani che tornano da Paesi con quel livello di circolazione del virus".