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Roma, il bus è in ritardo e la folla se la prende con l’autista straniero: “Torna al paese tuo”

Grave episodio di intolleranza a Casalotti, alla periferia di Roma. Alcuni passeggeri che aspettavano l’autobus 146, in ritardo di 40 minuti, se la sono presa con il conducente del mezzo, un marocchino di 50 anni in Italia da 27 anni: “Torna al tuo paese”, hanno iniziato a urlare, sbattendo i pugni contro i vetri. Dopo aver denunciato l’episodio alla polizia l’autista dell’autobus ha parlato con Fanpage.it: “Vivo in Italia da quasi trenta anni, ho una famiglia e un lavoro qui. L’Italia è il mio paese”.
A cura di Simona Berterame
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(Immagine di repertorio)
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L'autobus non passa da quaranta minuti e la folla inferocita se la prende con l'autista. A Casalotti, periferia del quadrante Nord-Ovest di Roma, va in scena l'ennesima guerra tra utenti esasperati dalle lunghe attese in fermata e il conducente dell'autobus.

Sono le 14 e la linea 146 non passa da tempo. Tante persone attendono e si accalcano alla fermata di piazza Ormea e il nervosismo sale. Arriva finalmente una vettura e alla guida c'è Assan, 50enne nato in Marocco e in Italia da 27 anni. La folla si scaglia contro l'autista che prova a spiegare: "Non è colpa mia, molte vetture sono rotte e le corse saltano, ma noi autisti facciamo solo il nostro lavoro". Da quel momento la situazione degenera. Gli utenti capiscono dal suo accento che Assan è marocchino e iniziano a piovere insulti su di lui: "Torna al tuo paese", "Lì dove vivi tu non conoscete gli orologi?", sono solo alcune delle frasi rivolte all'autista, insieme ad urla e parolacce.

Una passeggera: Sbattevano i pugni contro i vetri e urlavano contro il conducente

A raccontare questa vicenda a Fanpage.it è Monir, una studentessa che si trovava alla fermata dell'autobus e ha assistito a tutta la scena: "Ho provato invano a placare gli animi – spiega – ma la folla era inferocita, sbattevano i pugni contro i vetri e urlavano contro il conducente".

L'autista: Vivo in Italia da quasi 30 anni, è il mio Paese

L'autista, visibilmente preoccupato, decide di spegnere la vettura e chiamare la polizia del commissariato Aurelio che ha registrato la sua denuncia. Terminato il parapiglia, Assan ha ripreso servizio, continuando ad interrogarsi su quanto è successo: "Io non ho fatto niente di male per meritarmi tutti questi insulti razzisti, mi dicevano di tornare al mio paese ma io vivo in Italia da quasi trenta anni, ho una famiglia e un lavoro qui. L'Italia è il mio paese".

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