Roma, giornata contro gli sgomberi: “Diamo spazi pubblici inutilizzati a chi non ha una casa”
Ottanta edifici occupati abitati da 11mila persone. Per ventitré di questi immobili è previsto lo sgombero. 12mila famiglie in attesa dell'alloggio popolare, 3mila senzatetto, 6mila nei campi rom e 3mila in emergenza abitativa. Sono i dati del ministero dell'Interno che nella giornata ‘ Sfratti e sgomberi Zero‘ sono stati elencati da Paolo Ciani, consigliere regionale del Lazio di DEMOS – Democrazia Solidale. Nonostante per adesso a Roma gli sgomberi ordinati dal Viminale siano stati rimandati, il problema dell'emergenza abitativa non scompare magicamente dalla capitale. È ancora vivido il ricordo di quanto avvenuto con l‘occupazione di via Cardinal Capranica, nel quartiere di Primavalle, dove alcune famiglie sono state smistate in centri lontanissimi dalla zona e altre sono invece finite in occupazioni. Altre ancora, sono finite per strada.
Ciani: "Il 2020 sia l'anno della svolta"
"Abbiamo evitato altre immagini incresciose di bambini che mettono in salvo i libri scortati dalla polizia – ha dichiarato Ciani – ma occorre aprire una stagione nuova. Bisogna uscire dalla contrapposizione tra istituzioni e cittadini: l’abitare è un tema di giustizia sociale ed equità. È evidente anche alla luce degli avvenimenti degli scorsi mesi che, lì dove si debba comunque procedere a sgomberi, questi non possano realizzarsi senza alternative. La ricerca di tali soluzioni non può ridursi ad una offerta solo simbolica e magari last minute. Va compiuta una “fatica sociale” per trovare soluzioni diversificate: recupero di spazi pubblici inutilizzati, garanzie pubbliche sull’affitto, agenzia dell’abitare con la partecipazione di tutte le parti istituzionali e dei costruttori. Il 2020 sia l’anno della svolta nelle politiche per la casa. Al riguardo è allo studio la proposta di una nuova legge con una forte impronta sociale".
Unione Inquilini: "Rivedere canoni territoriali concordati"
L'Unione Inquilini ha invece puntato il faro sulla questione dei canoni territoriali concordati: ossia il limite massimo di affitto che viene stabilito a seconda di alcuni parametri, che vanno dall'ubicazione della casa, ai metri quadrati, all'altezza dello stabile, ecc… "Sin dall'inizio avevamo fatto notare che quell'accordo non era aderente alla realtà – commenta Silvia Paoluzzi di Unione Inquilini – Per questo abbiamo intenzione di aspettare altri sei mesi e poi chiedere la riapertura del tavolo con i sindacati. Abbiamo fatto un bilancio a sei mesi di distanza dall'entrata in vigore del nuovo accordo territoriale e quello che abbiamo registrato è che gli appartamenti vengono pagati in media il 17% in meno di quanto stabilito nell'accordo. Questo perché molti proprietari sanno perfettamente che con quelle cifre si troverebbero davanti inquilini morosi".