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Riaprono i poliambulatori nel Lazio, Cgil: “Strutture non adeguate, a rischio salute dei cittadini”

Spazi stretti e angusti, servizi al settimo piano, ascensori piccoli e mancanza dei percorsi di distanziamento. Riprendono le attività ambulatoriali nel Lazio, ma non senza disagi. “Siamo nel momento in cui bisognerebbe valorizzare le attività non ospedaliere, la sanità non può funzionare solo durante l’emergenza”.
A cura di Natascia Grbic
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Durante l'emergenza Covid sono state circa un milione le prestazioni sanitarie non urgenti sospese dalle autorità per far fronte alla pandemia. Era prioritario liberare gli spazi e il personale sanitario per gestire il crescente numero di contagi, in modo da non essere annientati dalla pandemia. Adesso che il lockdown è terminato, i poliambulatori sono nuovamente aperti e i pazienti sono tornati per ricevere quelle cure che erano state sospese durante l'emergenza. Non tutti però operano nelle stesse condizioni: secondo quanto denunciato dalla Cgil, gli spazi del poliambulatorio di via Ramazzini non sono organizzati in modo da semplificare l'accesso ai pazienti. Creando quindi disagi alle persone che devono accedere al servizio.

"Abbiamo fatto vari solleciti affinché si intervenisse – denuncia Natale Di Cola, segretario della Cgil di Roma e del Lazio – Già prima dell'emergenza Covid avevamo detto che bisognava trovare una soluzione per quel poliambulatorio. Quella struttura non è adeguata in una situazione ordinaria, figuriamoci ora che servirebbero percorsi di distanziamento e spazi più ampi. Non ci sono le condizioni di sicurezza minime per poter lavorare. E quello che ci sorprende è che la direzione non abbia studiato un piano per consentire una riapertura senza rischi per i cittadini".

Qual è il problema del poliambulatorio di via Ramazzini? "Gli spazi sono angusti, stanno al settimo piano, va preso un piccolo ascensore di servizio – continua Di Cola – Si tratta di una struttura che già prima era di ripiego. I poliambulatori devono essere visibili, stare vicini ai cittadini. Alcune attività di via Ramazzini sono state trasferite allo Spallanzani: abbiamo chiesto di cogliere la palla al balzo e tornare a essere operativi in uno stabile adeguato, ma nessuno ci ha mai ascoltato". Il sindacato ha sollecitato diverse volte la direzione sanitaria affinché si trovasse una soluzione, ma non ha mai ricevuto risposta.

"Il caso di via Ramazini è l'emblema del fatto che non si investe su ciò che non è ospedali. E invece il territorio e le prestazioni devono essere il cardine del rilancio della sanità nel Lazio". Sono circa un milione le prestazioni sanitarie da recuperare in tutta la regione. Con le restrizioni dovute alla pandemia ancora in corso e le nuove regole da rispettare, i servizi saranno inevitabilmente più lenti rispetto a prima del lockdown. "Siamo nel momento in cui bisognerebbe valorizzare le attività sanitarie non ospedaliere – spiega Di Cola – Andrebbe messo in atto un piano emergenziale, perché per recuperare ciò che non si è fatto in precedenza bisogna essere pronti e preparati. Via Ramazzini è l'emblema che non si è né pronti né preparati. Continueremo a denunciare situazioni come questa, non è possibile che la sanità funzioni solo durante l'emergenza epidemiologica: deve funzionare tutti i giorni".

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