Ponte di Nona, polemiche per la nuova chiesa: “Sembra un magazzino”
“Un magazzino dell’anima”. Così “Il giornale dell’arte” definisce la nuova chiesa dedicata alla beata Madre Teresa di Calcutta, che sarà inaugurata da Papa Francesco nella periferia romana il prossimo 4 settembre, in pieno giubileo della misericordia. La chiesa è stata progettata dall’architetto italiano Marco Petreschi ed ha già suscitato un vespaio di polemiche, simili a quelle che seguirono la costruzione della cosiddetta chiesa delle “Tre vele” nel quartiere Alessandrino, in quanto entrambe sono lontanissime dai canoni classici dell’edilizia ecclesiastica.
Oggi la comunità parrocchiale della popolosa zona di Ponte di Nona è ospitata da un prefabbricato con duecento posti a sedere. Alla fine del 2014 è stata posata la prima pietra della nuova chiesa, il cui progetto, approvato da Vicariato di Roma guidato dal cardinale Agostino Vallini, ha fatto subito storcere il naso a molti. “Ponte di Nona – spiega una nota dello studio Petreschi – è uno tra i primi quartieri ad essere stati progettati da zero. Gli edifici, privi di una vera e propria riconoscibilità, sono stati costruiti da un gruppo di società edilizie consorziate che hanno acquistato gli appezzamenti di terreno, adibiti ad uso agricolo. Il nuovo complesso parrocchiale svolgerà un’azione culturale e religiosa che vuole porsi come elemento caratterizzante tale da dotare il quartiere di un luogo di aggregazione, essenziale e necessario al recupero di un’identità locale dell’utenza.”
Tuttavia, i bozzetti dei progetti fanno pensare a tutt’altro che ad un posto in cui i fedeli possano trovare una propria identità e questo succede in buona parte delle chiese costruite negli ultimi decenni, dopo il Concilio Vaticano II. E’ di pochi giorni fa la polemica dei fedeli di Foligno, in Umbria, contro l’archistar Massimiliano Fuksas, che ha progettato una chiesa mastodontica, dalle forme spigolosa e freddissima d’inverno. Di lui, Vittorio Sgarbi diceva che aveva edificato “un garage chiamandolo chiesa”.
Lo stesso Sgarbi, in un articolo pubblicato nel 2009 da Il Giornale, ci andava già particolarmente duro con le “nuove” chiese ed i loro autori: “Evidentemente – scriveva – gli architetti, soprattutto quelli di grido, non riescono a superare le loro convinzioni atee e si applicano a una chiesa come un supermercato, prima di tutto negando lo spirito di elevazione che l’architettura nella sua vastità intende indicare. Ecco quindi la predilezione per le scatole e un linearismo funesto.” Proprio quello che è accaduto a Ponte di Nona.