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Pacchi bomba a Roma: “È esploso in faccia a mia madre, per fortuna solo ferite lievi”

“Mia madre ha visto questo pacco indirizzato a lei e subito lo ha aperto, anche perché sulla busta il nome del mittente era quello di una persona conosciuta”. A raccontarlo alle telecamere di Fanpage.it è il figlio di Rosa Quattrone, dipendente Inail rimasta ferita nello scoppia di uno tre plichi esplosivi che hanno ferito ieri a Roma altrettante donne. Gli inquirenti intanto punterebbero sulla pista politica di matrice anarchia.
A cura di Redazione Roma
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Rosa Quattrone, 54 anni dipendente dell'Inail, è una delle vittime dei tre pacchi bomba esplosi a Roma. Il plico era indirizzato proprio alla donna, residente in un condominio di via Piagge nel quartiere di Colle Salario, alla periferia Nord-Est di Roma. Sulla busta ci sarebbe stato il nome di una conoscente. Una circostanza quest'ultima confermata anche dal figlio, che ha rilasciato alcune dichiarazioni alle telecamere di Fanpage.it: "Mia madre ha visto questo pacco indirizzato a lei e subito lo ha aperto, anche perché sulla busta il nome del mittente era quello di una persona conosciuta. C'era un involucro che non conteneva nulla ed è esploso. Per fortuna ha riportato soltanto ferite lievi e superficiali".

Un altra lettera esplosiva è stata invece recapitata a casa di un'altra donna in zona Balduina, mentre un terzo pacco è esploso al centro di smistamento di Fiumicino. In entrambi i casi le donne colpite hanno riportato solo ferite lievi, medicate in ospedale sono state anche loro dimesse. La missiva esplosa al centro di smistamento era indirizzata a una epidemiologa che ha lavorato al policlinico di Tor Vergata. Non è chiaro al momento se anche le altre due lettere avessero sulla busta un mittente conosciuto alle destinatarie. Tutte le persone coinvolte hanno affermato di non aver mai ricevuto minacce.

Le indagini: inquirenti puntano sulla pista anarchica

Nonostante le persone colpite siano apparentemente delle figure lontane dalla vita politica e pubblica, sta prendendo corpo in queste ore una pista che punta su un'azione di tipo politico, in particolare di matrice anarchica antimilitarista. Gli inquirenti – dopo un vertice un procura con Digos e Ros – non escludono che altri siano in circolazione e debbano essere anche consegnati. L'obiettivo sarebbe stato quello di ferire non di uccidere, un atto dimostrativo perché in due casi su tre le donne oggetto delle missive hanno avuto rapporti di lavoro con l'università di Tor Vergata o con l'università del Sacro Cuore. Nel primo caso esiste un protocollo d'intesa con l'Aeronautica italiana, nel secondo con Nrdc-Ita della Nato, il Comando di Reazione Rapida.

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